martedì 27 novembre 2007

Fwd: Strano mondo

Riceviamo e pubblichiamo. Poi forse un giorno leggeremo anche.

---------- Forwarded message ----------
From: Uno che ci tiene alla privacy
Date: 27-nov-2007 10.08
Subject: Strano mondo
To: Gilo
 
Al mondo ci sono personaggi davvero, davvero strani. Se ne trovano un po' dappertutto: dove lavori, dove mangi, al volante (uh! quanti ce ne sono lì..) e persino nella sala d'aspetto di un medico. Soprattutto nella sala d'aspetto di un medico. Penso che il destino abbia voluto divertirsi, e calcare un po' più la mano proprio in quei pochi metri quadri dove, per natura delle cose, tendono a concentrarsi le disgrazie. Così, tanto per far ridere un po' anche noi, alleggerendoci in qualche modo l'attesa (di un prossimo passaggio).
 
Capita così che, per una febbre tanto inspiegabile per il modo con cui mi ha travolto quanto veloce ad andarsene ("Mi perdoni, ho sbagliato paziente"), mi trovassi alcuni giorni or sono a girovagare da quelle parti, in attesa di un certificato che mi riabilitasse a vita. Il dottore che mi cura, non lo conosco un gran chè. Non sono precisamente quello che si definisce il malato-modello: prendo, se va bene, l'influenzina ogni due o tre anni e di solito me la cavo in proprio, con una-due compresse di tachipirina e una veloce sudata notturna (influenzina rima con sveltina e scoreggina, non è un caso). Nello studio dove lui esercita ci sono una dozzina di sedie, disposte con ordine sui bordi della sala d'attesa, un paio di panche di legno e un tavolo basso al centro su cui si impolverano molte riviste dai titoli a me ignoti con superdive dalle coscione e puppe in bella vista. Dovete sapere che il mio dottore possiede tante buone doti, è una brava persona, è a modo, è simpatico, ed è sempre sorridente. Per mia sfortuna però non sa mai dire di no, e anche quando c'è una fila di dieci persone che aspettano si dilunga a chiacchierare e a rispondere alle telefonate, e la coda si ingrassa.
 
In attesa prima di me quel giorno c'è una signora anziana, coi capelli bianchi cotonati e un paio di occhiali di plastica affumicati tinta blu scuro. Una di quelle vecchiette tutte d'un pezzo che conoscono quasi solo il dialetto, ancora col nervo saldo, e capace senza troppe smancerie di farti ritrovare a quel paese ancora prima che tu abbia tempo di accorgertene. Si lamenta con la vicina del fatto che per arrivare lì ci sono pochi autobus, che non è giusto che piova proprio quando lei ha bisogno di spostarsi, che non è possibile che ci sia così tanta gente in fila, e che comunque no! lei no! a casa senza la sua ricetta proprio non ci torna, "ca' go mia dal teimp da perd, me!" ("che non ho mica del tempo da perdere, io").
 
A un certo punto entra nella sala un tizio, si accorge che la fila è tutta per un solo dottore (nello studio ce n'è anche un altro, in trenta secondi netti liquida un paziente) e se ne va spaventato dall'idea di dover far affrontare al suo stomaco un'attesa così lunga sotto l'ora di pranzo. "Se, se! Va' a mansà la pastasùta ca' sarà mei." ("Si, si! Vai a mangiare la pastasciutta, che sarà meglio."). Il paziente dentro in quel momento esce ed entra il successivo "Ooh! Carissimo.. Come andiamo?" la porta si richiude, le voci diventano afone. Suona il telefono: due squilli, tre squilli, "Anca' al telefun. Ma sa sivit'n a telefunà d'astura? I san mia cal ga' da mansà anca lù?" ("Anche il telefono. Ma cosa continuano a telefonare a quest'ora? Non lo sanno che deve mangiare anche lui?"). Altro squillo. "E dai, dai.. sivita a sunà! E lasil un po' laurà stu dutur!"  ("E dai, dai.. continua a suonare! E lasciatelo un po' lavorare 'sto dottore").
 
Visto il cambio di tono, la conversazione si allarga a tutti. La signora che le sta di fianco ha smesso di controbattere da un pezzo, non può che tacere. Il tizio che era fuggito prima si ripresenta alla porta e mestamente si appoggia al muro in piedi, vicino al termosifone. Non potendo dirgli più nulla in faccia, la signora se la prende con chi è dentro in quel momento " Se, ma me go' fam, me go' fam! Chimò fèi dre' il du uur a va' mia a ca' azoi. A Spo' mia stag dèi 'zi tant, a fa' perd dal teimp al dutur. I san mia cal ga' da mansà anca lù? Me go' fam, me go' fam!!" ("Si, ma io ho fame, io ho fame! Qui fino alle due non va a casa nessuno. Non ci si può star dentro così tanto, a far perder tempo al dottore. Non lo sanno che deve mangiare anche lui? Io ho fame, io ho famee!!").
 
Il nuovo arrivato non ha un'aria molto sveglia: porta un paio di occhiali con montatura stile NERD anni 70, ha lo sguardo perso nel vuoto e un sorriso a bocca semiaperta da mentecatto. "Signora, guardi che non è mica così come dice lei. Se avesse veramente fame, secondo me il dottore smetterebbe di rispondere al telefono e si darebbe una mossa, no?" Momento di silenzio, anche la signora appare un po' stordita dalla stoccata inattesa. Sfortunatamente rinsavisce subito "Ma lù sa vol savei? Ma vada tè che ragiunameit. Sas creda, cal faga aposta a tirela longa? Ma vada tè che ragiunameit!" ("Ma lei cosa vuol sapere? Ma guarda te che ragionamento. Cosa crede, che faccia apposta a tirarla lunga? Ma guarda te che ragionamento!"). Silenzio.
 
La porta del dottore si apre, ne esce un omino sulla settantina. "Bravo, bravo! C'è stato solo due minuti, grazie. Ora ne ho davanti solo otto." gli fa una signorotta sovrappeso con la gonnellona a scacchi sui fianchi e un sorrisone tordo sulle guance, quasi fosse stato lui a decidere di uscire. Entra una coppia di vecchietti per la vaccinazione. "Ma voi ci mettete poco, eh? Ah, solo la vaccinazione.. Beh, allora ci mettete poco." E guarda l'orologio. Escono dopo cinque minuti. "Eeeh, che bravi! Grazie, ci avete messo poco. Solo cinque minuti. Bravi! Bravi! Ora ne ho davanti solo sei. Dunque.. la signora, il ragazzo là nell'angolo, il signore.. no, forse prima il signore, poi il ragazzo, poi lei.. no.. Beh, sapete, io abito a Rivergaro, anche io devo fare il vaccino.." "Prima ag sum me, po' la siura, po' al ragas." ("Prima ci sono io, poi la signora, poi il ragazzo"). La signora annuisce con stizza dopo aver finito di parlare.
 
Finalmente tocca a lei. Silenzio. Non ci concediamo nemmeno le chiacchiere di cortesia, le nostre orecchie sono già troppo grasse. Passa il tempo e non esce. Cinque minuti, dieci. Non esce. Finalmente dopo un quarto d'ora si apre la porta. "Iv vist? Azè, s'fà! Mia sta dei a ciciarà. Tze!" ("Avete visto? Così si fa! Mica a star dentro a chiacchierare. Tze!"). Silenzio. Si riveste, saluta, richiude la porta. Dopo poco tocca a me. Due minuti e sono fuori. "Bravo, bravo! Ci ha messo solo due minuti. Ora ne ho davanti solo quattro, grazie!".
 
E' troppo bello esser malati!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Direi che il livello del blog è salito...
Un Gilo redattore con qualche buon uomo che si preoccupa di spedirgli scritti pubblicabili?

Anonimo ha detto...

Ma che cazzo di post di merda è????????

Unknown ha detto...

visto che il sarza blog é stato messo nel blogroll del nuovo www.cagablog.com il carissimo sarza é pregato di aggiornare a sua volta il blogroll.

grazie

cagablogger