giovedì 4 febbraio 2010

Dell'arte del tic e dell'arte del tac

Uno che compra una macchina la compra, ovvero compra proprio quel modello di macchina e non un altro, per tutta una serie di motivi. La può comprare perché gli piace la linea, perché cammina forte, perché è comoda, perché è compatta, perché consuma poco, perché è sicura, perché c'è tanto spazio per i bagagli, o cose del genere. E uno che progetta una macchina tipicamente la progetta per farla vendere, e quindi perché piaccia. E quindi la farà bella o veloce o morbida o corta o parca o robusta o spaziosa o roba del genere. E sono convinto che una macchina sia una delle cose più difficili da progettare, tanti sono i requisiti da soddisfare e i vincoli da rispettare. E in una macchina ci sono un sacco di pezzi, non tutti sono visibili, non tutti sono in grado di determinare la scelta di quel tale modello piuttosto che dell'altro, ma tutti concorrono, nel loro piccolo, a fare una macchina fatta bene. E quindi le Case automobilistiche devono pensare a tutti quei pezzi, nessuno escluso. Certo, all'interno dell'azienda ogni componente sarà pesato in base alla sua importanza, ma ci vogliono tutti. E ci vuole qualcuno, qualche risorsa umana, che si occupi di ognuno. Collocato all'opportuno livello dell'organigramma aziendale, a seconda. Chi disegna la carrozzeria o progetta il motore sarà senz'altro onorato e ricompensato adeguatamente, ma da solo non basta. Presso ogni produttore di automobili che si rispetti ci dev'essere anche, ricavato in un sottoscala buio e polveroso, snobbato da dirigenti e quadri, lontano da cessi e macchinette del caffè, quotidianamente evitato con perfida indifferenza dalla frettolosa impresa di pulizie, un ufficetto con una scrivania anni '70, con sopra un 486 DX2-66 e dietro una sedia di finta pelle beige, seduto sulla quale un geniale impiegato specializzato sottopagato, quasi un artista, passa le giornate a progettare l'aggeggino che produce il rumore delle frecce. Ovvero il tic tac (o nelle macchine più evolute il bip bop) che si sente quando si mette la freccia. Che sembra una cazzata, ma pensateci un po'. Quel rumore lì dev'essere studiato in modo da farsi notare in tutte le condizioni ambientali, anche con l'autoradio acceso o i finestrini aperti, senza però risultare eccessivamente fastidioso. Ci dev'essere un rumore a una certa frequenza per l'accensione della lampadina (tic) e uno a frequenza diversa per lo spegnimento (tac). Il rumore corrispondente all'accensione deve dare, appunto, un'idea di accensione, di chiusura del circuito elettrico, di elettroni che iniziano a fluire allegramente verso il polo positivo, al contrario di quello corrispondente allo spegnimento. In altre parole, deve essere proprio tic tac, guai a farlo tac tic. E quindi l'impiegato di cui sopra deve mettersi lì, 8 ore al giorno salvo straordinari non retribuiti, a inventare e testare rumori sempre migliori per le frecce, con la consapevolezza che comunque nessuno comprerà mai quella macchina perché ammaliato dal rumore netto e melodioso che si produce attivando gli indicatori di direzione. Salvo eccezioni.

2 commenti:

avvelenato ha detto...

Salvo eccezioni, appunto..

e meno male che il Gilo c'è

Unknown ha detto...

E che dire dello splendido esperimento da cui emerse che la mia Fiesta produce un simpatico e interrogativo "toc tic", anziché il perentorio e da te decantato "tic toc"?

S.