sabato 17 aprile 2010

Trainspotting e oltre

L'altro giorno ho visto passare un treno. Ma non un treno qualsiasi: il mio treno. Per tutta una serie di motivi che non vi devono interessare, l'altro giorno per arrivare alla stazione l'ho presa un po' più larga del solito, ho imboccato una strada alternativa, mi sono perso seguendo chilometrici sensi unici spiraliformi, mi sono ritrovato chissà come al passaggio a livello (che mi si è chiuso in faccia, come nelle migliori tradizioni), ho spento la Panda e ho visto passare puntualissimo il mio trenino. Prima del suo passaggio, però, seduto al sicuro della mia Panda ferma ho visto passare anche altra gente. Pedoni che arrivavano dalla mia direzione (li vedevo avvicinarsi nello specchietto), s'infilavano sotto le sbarre del passaggio a livello, davano un'occhiata a destra e una a sinistra, attraversavano trotterellando i binari, s'infilavano sotto le sbarre del passaggio a livello dall'altra parte e scomparivano dalla mia visuale. O viceversa.
Statisticamente, tra tutti gli attraversatori di passaggi a livello chiusi, ogni tanto qualcuno lascia la pelle a metà strada. È matematico. Ma credo che, esclusi parenti e amici stretti, in pochi piangano per questa gente. Attraversare i passaggi a livello chiusi è pericoloso, si sa. È ben per quello che li chiudono. E quella gente lì, quella stirata dal treno mentre attraversava un passaggio a livello chiuso, se l'è andata a cercare. Punto. Il che è anche vero. Se aspettavano buoni buoni che le sbarre si riaprissero, erano ancora qua con noi. Non ci piove.
Sì ma chi è che non se l'è cercata? Io con la mia Panda, se all'apertura delle sbarre fossi scivolato sopra una pozzanghera d'olio perso dal treno appena transitato e mi fossi spalmato contro il camion proveniente dalla direzione opposta, anch'io me la sarei cercata: se andavo a piedi, se andavo più piano, se facevo più attenzione a evitare l'olio, se mettevo i pneumatici da neve, ero ancora qua. Anche qualche sciatore fuoripista d'alta montagna e bassa stagione ogni tanto viene fagocitato da una valanga, ci rimane, e se l'era cercata. Ma anche una turista tedesca di mezz'età che mette male un piede lungo un sentiero delle Cinque Terre rischia di finire ai pesci; e persino chi passeggia pacatamente in riva al fiume può, in casi eccezionali, essere sbranato da un branco di famelici cani randagi o impallinato da un onesto cacciatore di specie protette. Qualunque cosa uno faccia presuppone una certa percentuale di rischio, più o meno alta, magari infinitesimale ma non nulla. In altre parole, tutti se la sono cercata, chi più chi meno. Non è che si può mettere una soglia sopra la quale è legittimo dire "me ne frego, se l'è cercata, si arrangi", come si sarebbe tentati di fare se si dovesse andare in elicottero a ripescare lo sciatore fuoripista di cui sopra in mezzo ai ghiacciai, con tutti i rischi del caso. Si dovrebbe, forse, ma non potendo mettere dei paletti precisi non si fa. E allora? Allora niente, era così per dire.

3 commenti:

lisbona 2.0 ha detto...

nonostante qualche passaggio a vuoto, buon post!

Bongio ha detto...

Ahah! Il finale è proprio da Gilo. Se anche non stava qui, si capiva lo stesso che era tutta roba tua.

Sul rischiare, beh, se la metti così allora nessuno uscirebbe più di casa. Mi pare ci sia un po' di differenza fra andare in stazione (col Pandino, vabbeh) e scavalcare le sbarre. Cioè, uno va in stazione e se capita capita, ma lì lo fai apposta: ti ci mettono le sbarre perché tu stia buono e fermo e tu le attraversi?! Stessa roba le valanghe: ti fanno le piste e tu vai fuori. E allora te la meriti. Forse la soglia sta nel fare ciò che non è permesso. Il resto è fatalità, direi, a occhio.

Dalamar lo scuro ha detto...

e se... e se... e se... e se... e se mia nonna aveva una ruota era un monociclo...