sabato 25 dicembre 2010

Tanti auguri a tutti tranne

No, nonostante tutto non esporrò al pubblico ludibrio il nome di questo mio collega, se non altro perché è molto lungo (il nome, ma anche il collega); dirò solo che il cognome è femminile plurale, con tanto di articolo determinativo.
Ma perché dico ciò?
Allora. Questo mio collega ha la buona abitudine di mangiare leggero, a pranzo, in mensa. Abitudine buona (nell'ordine) per la sua salute psicofisica, per la sua produttività pomeridiana e perché così facendo può cedere le portate che non consuma (principalmente contorno, talvolta frutta) a chi ne ha più bisogno - nella fattispecie, al sottoscritto. Il quale sottoscritto, al fine di offrirgli un ringraziamento tangibile per la magnanimità dimostrata nel corso dei mesi scorsi, l'altro ieri, ultimo giorno di lavoro, ha pensato di portargli un piccolo ma significativo regalo. Un pensiero, come si diceva una volta. Un oggettino palesemente, dichiaratamente riciclato, così come ovviamente riciclate sono le porzioni di cibarie che egli è solito donare a chi scrive. Il quale non per questo ci sputa sopra, anzi. Ebbene, questo tal collega, senza neppure aprire il semplice pacchettino che conteneva l'onesto regalino che gli avevo portato, con gesto plateale, con sdegno e fragore l'ha lanciato nel cestino gettacarte del vicino di scrivania. Proprio così. Ha buttato via il mio regalo.
Ora, chi mi conosce anche solo di vista sa che non rappresento certo un esempio di bon ton e/o di savoir faire. E lo so anch'io. E, probabilmente sbagliando, reputo assai più importante la sostanza rispetto alla forma. Tutto vero. Però che diamine, qua siamo proprio alle basi. All'abicì del galateo. Alle fondamenta dei rapporti cosiddetti civili, dell'educazione, mi si lasci dire del rispetto. Un regalo, per quanto brutto possa essere (e, vi assicuro, non era questo il caso, prova ne sia che il proprietario del cestino l'ha prontamente recuperato, spacchettato e posto in opera), un regalo, lo so anch'io, non sui butta. Al massimo, in casi assolutamente eccezionali, si può chiedere di cambiarlo con un altro, ma si ringrazia e si accetta, cribbio. Altrimenti si rischia che il mittente, offeso, scriva un post per denunciare al mondo l'accaduto e ti escluda dagli auguri. Proprio com'è successo a lui.
A tutti gli altri - chi più chi meno - buon Natale!

lunedì 20 dicembre 2010

Operating Systems of a Certain Level

Già da diverso tempo, come noi tutti ben sappiamo, i nostri cari amici redmondiani (o redmondesi? boh) ci hanno fatto dono di una nuova versione del loro famoso sistema operativo, contraddistinta dal numero 7.
Sulle prime, sarò sincero, l'effettiva utilità di lasciare la via vecchia, passando dal vecchio caro rodatissimo XP a questa nuova diavoleria informatica, mi è rimasta oscura: in fondo, pensavo, tutto quello di cui ho realmente bisogno lo posso già ottenere rimanendo nel sentiero tracciato, non ho alcuna effettiva necessità di spingermi nell'ignoto. Ancora una volta, l'(n+1)-esima per l'esattezza, mi sbagliavo. Il nuovo sistema operativo ha, come si dice, una marcia in più. Mette a disposizione svariate funzionalità aggiuntive, alcune utili altre meno, ma ce n'è una in particolare, basilare, che al vecchio era sconosciuta. Una di quelle cose a cui magari, finché non le si prova per la prima volta, non si pensa neppure, ma delle quali, una volta provate, difficilmente si può fare a meno.
Mi riferisco, ebbene sì, alla possibilità di rinominare con facilità il cestino, potendo così passare

da
a
Si tratta, com'è evidente, di una piccola ma significativa rivoluzione. Di un piccolo ma significativo contributo alla libertà di espressione di ognuno di noi, che di 'sti tempi.
Fino all'altro ieri magari si attribuiva maggiore importanza alla funzione "cestino" in quanto tale piuttosto che all'interfaccia grafica che ne consente l'utilizzo all'utente, il che è in linea di massima condivisibile, sennonché ci sono casi in cui la forma è anche sostanza, e questo è uno. Come capirete, inoltre, qua non si tratta di cambiare una riga di codice nel programmino che vi calcola quanto fa la Panda con un litro: introdurre una nuova funzionalità in un progetto così vasto e strutturato è una questione immensamente più complessa. Non è sufficiente che nella mente di qualcuno scocchi la scintilla (che già non è poco): dal colpo di genio alla realizzazione si deve passare attraverso specifiche funzionali, studi di fattibilità, accurate analisi di costi e benefici, piani di test specifici e chissà cos'altro. Finché, annegato tra milioni di suoi simili, in qualche noiosissima SRS un bel giorno spunta un requisito che recita pressappoco Il CSCI deve permettere all'operatore di rinominare il cestino. Innocuo all'apparenza, persino scritto maluccio, in realtà rappresenta un piccolo grande passo avanti nell'evoluzione delle interfacce utente. Un briciolo di libertà in più, per tutti. Tutti noi. Mica roba da Ubuntu.

domenica 12 dicembre 2010

Trenoradio

Si noti il sol diesis.

domenica 5 dicembre 2010

Cessologia

È da un po' che li osservo, prima o poi dovevo scriverci sopra un post, e adesso è giunta l'ora - se non altro perché non ho altro di cui parlare. No, perché il mondo è notoriamente bello perché notoriamente vario, la gente è strana (prima si odia e poi si ama, ma non c'entra), e la stessa situazione, una situazione semplice e appartenente all'esperienza quotidiana di chiunque, può essere affrontata e gestita in milioni di modi diversi.
Tipo, prendiamo un cesso. Un cesso pubblico, Pubblico ma non troppo. Un cesso aziendale. E prendiamo gli utenti di codesto cesso. O per dirla senza troppe perifrasi, prendiamo la gente che va al cesso dove lavoro io.
Osserviamola.
Ce n'è di vari tipi.
Ci sono quelli che non tirano lo sciacquone, mai, neanche per errore, proprio come stile di vita, come saldo principio morale a cui non verrebbero meno per nulla al mondo. Questi sono i più evidenti, e a occhio sembrerebbero anche i più numerosi. Anzi no, se la giocano ad armi pari con l'altro squadrone: quelli che la fanno fuori. E non si parla di una goccia, ché quella può scappar fuori a chiunque: in fondo lo stato liquido non è certo il più stabile che possa esistere in natura. No, costoro ne fanno fuori una mezza pinta abbondante a cranio. Almeno fossero i soliti che non tirano lo sciacquone si darebbe una mano all'ambiente evitando di sprecare qualche litro d'acqua potabile, stante la provata inefficacia dei comuni sciacquoni nel lavaggio dei pavimenti (salvo guasti). Invece no, sono proprio due categorie diverse, due insiemi totalmente disgiunti. Un altro corposo insieme di utenti è composto da quelli che non si lavano le mani. Escono dal cesso, ti guardano come a dire "Beh?", agguantano la maniglia della porta e escono rapidi e decisi. C'è poi una variazione sul tema: quelli che le mani se le lavano prima. Ché effettivamente l'aggeggino merita rispetto, non è mica giusto maneggiarlo con le dita sporche di tastiera; e allora ci si lava, si compie l'operazione in perfette condizioni igieniche, e dopo lo scrollone si agguanta la solita maniglia di cui sopra e si esce rapidi e decisi. Poi ci sono quelli che hanno da fare quella grossa, e la fanno grossa per davvero, ma grossa grossa, grossa e densa, e quindi pesante. E una volta espulso il fardello che portavano in grembo, sentendosi notevolmente alleggeriti, probabilmente guadagnando 10 centimetri buoni d'altezza a causa del minor peso imbarcato (un po' come quei camion a rimorchio vuoti che viaggiano con 2 ruote sollevate da terra), da lassù non riescono a scorgere, laggiù nell'angolino, quel sobrio scopino biancastro che da anni attende vanamente di compiere le mansioni per cui è stato progettato e inventariato tra i beni aziendali. E quindi, loro malgrado, come frecce tricolori monocromatiche, lasciano sulla pallida ceramica tangibili scie della straordinaria impresa appena compiuta. A confronto di questi, quelli che minzionano con la porta aperta, cosicché tutti i passanti possano ammirare i loro possenti quarti posteriori, tesi e lievemente divaricati, e il rivolo di liquido paglierino che scorrendo dall'alto verso il basso traccia la perfetta bisettrice all'angolo che essi descrivono, sono innocui e quasi artistici. Sì, viene il dubbio che si sentano in dovere di dimostrare al mondo che sono dei Veri Uomini, con la maiuscola, di quelli che non devono chiedere mai e nemmeno sedersi, e questa superflua ostentazione genera in effetti qualche perplessità, ma pazienza, fosse tutto lì. E anche quelli che, per dirla con un mio ex collega, hanno la bestia nel cuore, e quindi appena chiusa la porta scatenano l'inferno, in fondo non fanno altro che utilizzare a fondo lo strumento che gli è stato messo a disposizione, e non gliene si può certo fare una colpa. Poi, beh, ci sono quelli che dopo pranzo entrano in bagno già con lo spazzolino in bocca così da ottimizzare i tempi (neanche Brunetta chiederebbe tanto), quelli che d'estate si rinfrescano sciacquandosi la testa nel lavandino, quelli che vanno al cesso portandosi la giacca, e non perché stanno per uscire o sono appena entrati, ma forse perché la loro fiducia nell'onestà del mondo e nei colleghi non è poi così alta (non senza qualche ragione), e così via, ma questi sono tranquilli, questi più che altro fanno colore. Fanno un colore diverso dal marrone. E soprattutto non fanno odore. E quindi.