mercoledì 21 luglio 2010

Tutti vogliono viaggiare in prima (anch'io)

Questo post per rendere grazie alla Controlloressa Ignota (giovane, carina, gentile, sorridente, boccoli biondi sul foulard rosso d'ordinanza, mai vista prima, probabilmente mai più la rivedrò, ma l'ho vista, sì, ero sveglio, o almeno credo) che prestava servizio stasera sul regionale 2202.
I fatti.
Stazione di Forte dei Marmi - Seravezza - Querceta, perfetto orario. Sale una vecchia padana danarosa, tirata e griffata, la quale, con modi assai poco nobili, fa notare alla Controlloressa in questione che quella carrozza (proprio quella dove, beatamente svaccato su una poltrona di prima classe, stavo io), quella era, per l'appunto, una carrozza di prima classe, e che in quella carrozza [sottinteso: per colpa di tutti quei pidocchiosi abusivi tra cui il sottoscritto] non c'era posto per lei che un biglietto di prima classe l'aveva regolarmente acquistato. Stavo già per prepararmi a levare le tende, non senza iniziare ad elaborare mentalmente un adeguato augurio di un trapasso rapido (ma che dico rapido: eurostar) e di terza classe per la poco gentile signora, allorché la nostra amica Controlloressa ci stupisce facendo spostare una borsa che occupava un sedile e ribattendo alla vecchia, con cortese fermezza, che lei non può far stare in piedi tutta una carrozza solo perché una ha un biglietto di prima classe, che un posto gliel'ha trovato, e che si sieda lì [sottinteso: e non rompa i coglioni alla gente che lavora o che torna dal lavoro]. La vecchia la guarda un po' e si siede, muta. Io le sorrido, l'avrei baciata (oddio, l'avrei baciata anche per molto meno, ma questa è tutt'un'altra storia), ma poi ho pensato che sarebbe stata sicuramente più contenta se invece le avessi dedicato un post. E così.
Ora, intendiamoci: il comportamento di quella Controlloressa cozza frontalmente contro i principi più saldi e profondi su cui poggia la mia condotta di vita. Sono fermamente convinto, in linea di principio, che avesse ragione la vecchia, che se uno compra un biglietto di prima classe ha diritto di viaggiare più comodamente e non solo, e che io e gli altri clandestini avremmo dovuto alzarci e andarcene chiedendo scusa. Questo in linea di principio. Ma, si sa, le linee, anche le più rette, dai e dai si curvano, e i principi sono fatti per essere confutati. E poi stasera no, stasera proprio non ce la facevo a alzarmi. Ma non lo farò mai più. Beh, quasi mai. Forse.

domenica 18 luglio 2010

Punti di vista

Pensavo: chissà come la vedono i cani. Ma dico i cani giusto per dire animali non troppo primitivi e non troppo umani. I ricci o i rospi, ad esempio, non ci capiscono niente, si vede anche a occhio. Quelli trovano per terra, su quella strana terra liscia e scura, un insetto spiaccicato, si fermano a mangiarselo con calma senza sapere di essere in mezzo alla strada, arriva una macchina, loro si immobilizzano pensando che così il predatore in arrivo li creda morti, e così muoiono per davvero. Le rondini vedono un pezzo di roba che sembra cielo e ci si spalmano contro in volo, non capendo che invece trattasi di vetro. E così via. Ma quelli sono animali (con tutto il rispetto) più semplici. I cani dovrebbero essere più evoluti e più abituati al contatto con l'uomo (ammesso che una specie, generazione dopo generazione, si possa abituare, e che non si debba ricominciare da capo ad ogni individuo), ma mi chiedevo se siano dotati delle - diciamo così - strutture mentali necessarie a catalogare cose che in natura non esistono. Come il vetro o l'asfalto o le macchine o il filo spinato o i vestiti. Già non dev'essere facile, per un cane, capire che un altro cane è proprio un cane, tante e tanto diverse tra loro (anche a livello di forme e colori e dimensioni) sono le razze che abbiamo creato. Per i cani non dev'essere facile neanche catalogare il mare o la neve, se li vedono per la prima volta in età adulta, visto che nessuno gliene ha neanche mai parlato, da cuccioli. Ma il mare e la neve esistono da sempre, da quando ancora non esistevano neanche i cani stessi, e quindi può darsi che questi col tempo si siano evoluti in modo tale da capirli e saperli gestire. Magari non capiscono perché in quel posto lì c'è tutta quell'acqua lì, o perché quel giorno il loro mondo è coperto da tutta quella roba bianca e fredda, magari pensano addirittura che ci sia di mezzo una qualche entità superiore, però insomma, in un modo o nell'altro se la strigano. Ma quando vedono passare una macchina, o quando, fatti salire su una macchina, vedono passare il mondo, chissà cosa pensano. Quello che penso io è che questo post poteva venire meglio. O, ancora meglio, poteva non venire proprio. Ma ormai.

domenica 11 luglio 2010

Sulla carta (stampata)

Perché magari non ci si pensa, ma il consumatore in realtà potrebbe essere più avanti di quanto lo si ritenga. Tutti lo prendono per scemo, il consumatore, e spesso hanno pienamente ragione, ma mica sempre.
Per dire, a me ogni tanto capita di leggere un giornale. Un quotidiano, intendo. Ad alcuni capita, oltre che di leggerlo, anche di comprarlo. Costa circa un euro, un quotidiano, e tutto sommato penso che sia un prezzo onesto. Però penso anche che, se mai mi dovesse capitare di comprare regolarmente il giornale, potrei anche essere disposto a pagare un piccolo supplemento pur di avere l'optional di un paio di punti (o graffette o spille che dir si voglia), e soprattutto pur di evitare la maledizione degli articoli che cominciano in prima pagina e finiscono chissà dove, e di quelli che vanno in parallelo l'uno con l'altro. E penso che potrei non essere nemmeno l'unico. In certi giorni ci sono una decina di articoli totalmente incorrelati tra loro che iniziano tutti sulla prima pagina e poi proseguono dove capita, sparsi in mezzo ad altri articoli più fortunati di loro, talmente fortunati da avere un inizio e una fine sulla stessa pagina. Per di più alcuni di questi articoli sono commenti a notizie di cui si parlerà diffusamente all'interno del giornale, e farli iniziare sulla prima pagina significa costringerti a leggere prima il commento e poi la notizia, che non sempre è piacevole. Infine, dover saltellare avanti e indietro per il giornale a cercare le continuazioni dei vari articoli favorisce lo scompiglio dei vari fogli che lo costituiscono, l'aumento esponenziale dell'entropia dell'universo, eccetera.
Lo stesso dicasi per i malaugurati casi, invero più frequenti sui periodici, in cui un articolo inizia in una pagina dove ce n'è già un altro non concluso. Tutti e due proseguono poi alla pagina seguente, e tu che ne stai leggendo uno devi ricordarti, quando l'hai finito, di tornare indietro e iniziare l'altro. E l'entropia dell'universo di cui sopra schizza verso livelli indecenti senza alcun motivo pratico.
E qui si arriva allo spunto del primo punto: i punti, appunto.
Ehm, scusate.
Dicevo: i punti. Capisco che il prezzo dell'acciaio sia notevole, capisco che per pinzare un giornale si dovrebbe introdurre un nuovo macchinario e una nuova fase di lavorazione, capisco tutto. Ma non mi si venga a raccontare che nel duemila e rotti non si riesce a trovare un modo per dare a un quotidiano una parvenza di rilegatura. Una pinzatrice, due punti, niente di più. Come in ogni rivistaccia da parrucchiera, meno che in molti volantini di discount di periferia dove c'è addirittura il lusso di un filo di colla. Si eviterebbe di tirar giù dal Paradiso una buona percentuale dei santi che lo abitano ogniqualvolta si tenta di voltar pagina controvento, e di spargere fogli di giornale per il mondo. L'utente potrebbe apprezzare il servizio, e magari persino pagarlo. Io apprezzerei. Pensateci, cari amici editori.

sabato 3 luglio 2010

Un post necessario

Premessa: tutto quello che segue sarà senz'altro già stato detto, e detto molto meglio, da qualcuno che ne capisce parecchio; ma siccome ci stavo pensando proprio l'altra mattina mi permetto di dire la mia, da profano. Tanto il blog è mio e lo gestisco io.
E quindi.
Tiri una moneta, forse viene testa forse viene croce. A caso. A caso? Ma sì, a occhio sì, a caso. Via, chi è che prima di tirare una moneta sa se verrà testa o se verrà croce? Nessuno. E già, però la questione è già diversa, messa così. È che nessuno lo sa. Ma non è che non si può sapere. È solo che il calcolo è troppo difficile. Ma volendo si saprebbe eccome. Cioè, se uno conoscesse alla perfezione la struttura della moneta, dimensioni, peso, densità, momento di inerzia, e quella dell'aria, e la forza impressa dal dito e il punto dove questa è applicata e tutto quanto, risolvendo qualche secchiata di equazioni integrodifferenziali il risultato del lancio si conoscerebbe benissimo. Viene testa. Viene croce.
E così per tutto, solo maledettamente più complicato. Per un dado, già bisognerebbe conoscere un bel po' di informazioni in più e risolvere qualche bancale di equazioni: ma alla fine una soluzione si troverebbe anche per lui. Avendo a disposizione, oltre alle informazioni sul dado e sull'ambiente che lo circonda, anche quelle sulla persona che lo tirerà, la sua forza, la lunghezza delle sue ossa, la posizione iniziale del braccio, la voglia di tirare quel dado in quel momento e così via, si può sapere che numero uscirà anche qualche secondo prima che quel tizio tiri quel dado. Tantissime informazioni, tantissimi conti e tantissimo tempo, ma alla fine una soluzione certa. Verrà 2. Verrà 5.
Ma allora, complicando ulteriormente i calcoli, si potrebbe sapere anche in che istante e in che luogo quella persona tirerà quel dado. Basterebbe conoscere lo stato attuale di quella persona, tutti gli stimoli che le arriveranno d'ora in poi, e il modo in cui quella persona reagirà a quegli stimoli modificando il proprio stato (il che è noto, una volta che se ne conoscono tutti i geni e i neuroni e le sinapsi e i muscoletti più inutili fin nel dettaglio del mitocondrio). Sapendo tutto su di me, ma proprio tutto, molto più di quanto ne sappia io stesso, un anno fa si sarebbe potuto prevedere che in questo momento avrei scritto queste boiate, per dire.
E così, disponendo delle necessarie informazioni (montagne di informazioni), noto lo stato dell'universo all'istante t si otterrebbe senza incertezza (dopo un tempo degno della migliore Trenitalia) lo stato dell'universo all'istante t+1. E da lì si andrebbe avanti. Tutto starebbe a conoscere le condizioni iniziali e le leggi che regolano tutto l'andazzo. Come tutti i problemi, anche questo se lo si fosse preso per tempo sarebbe stato ben più facile da risolvere: ora l'universo è già parecchio incasinato, e peggiora, ma se si partiva dal Big Bang o da lì vicino era tutta un'altra storia. Ma ormai per stavolta è andata così, bisogna prendere un istante iniziale diverso da 0 e da lì partire, pazienza.
E per i conti? Eh già, quello per ora è un casino. I conti da fare sono tanti, troppi, per ora. Per ora, però. E qua entra in gioco l'amico Moore. Il quale ci dice che, tra un po' di tempo, il tempo di calcolo non sarà più un problema. Succederà allora che qualche informatico (probabilmente cinese), rinchiuso in qualche garage, ignorando bellamente tutte le ben note questioni teoriche di computabilità e simili, tirerà fuori un programmino che lo sa fare. E lì saranno cazzi, ma cazzi grossi, per tutti.
Ci salverà Heisenberg?
Eh, a saperlo.