sabato 11 febbraio 2012

Ciucciare oh oh


Ero lì, e c'era questa panchina, e sopra a questa panchina c'era questo ciuccio. C'era perché qualcuno ce l'aveva dimenticato, o forse buttato, benché un sommario esame visivo non vi evidenziasse particolari difetti. Lì era e lì, su quella panchina, l'ho lasciato, ovviamente. Non l'ho mica raccattato, eh. Però per un attimo l'ho pensato: ho pensato che ogni tanto farebbe proprio comodo, un ciuccio.
I ciucci, lo so, sono una roba da bambini, e da bambini piccoli, per giunta, e io è già da un po' che non lo sono più, un bambino - piccolo, poi. Ci sarò certamente passato anch'io, ai miei tempi, per la fase del ciuccio, anche se non ne conservo il minimo ricordo; e però è finita, sono cresciuto, ho iniziato a farne a meno, ci ho perso l'abitudine, e poi ho imparato che è andata così perché era così che doveva andare, perché prima ero un bambino piccolo e dopo invece ero diventato un bambino grande e i bambini grandi il ciuccio non lo usano eccetera. Ma ora mi chiedo: perché? Cioè, chi l'ha detto che il ciuccio deve essere solo una roba da bambini? Perché uno, maggiorenne e consenziente, che desiderasse un ciuccio non ne troverebbe mai della sua misura, e se anche lo trovasse indossandolo verrebbe stigmatizzato e deriso dalla collettività alla quale peraltro non recherebbe il minimo danno?
Ad esempio, uno è in treno, lì, da solo, magari incazzato per i suoi buoni motivi, magari attorniato da compagni di carrozza vocianti, e magari con le pile dell'mp3 scariche: cosa fa? Tira fuori il suo ciuccio, chiude gli occhi, e via. Oppure, che ne so, la sera davanti alla tv, o a una noiosa conferenza, o in sala d'attesa, o in tutte le mille situazioni quotidiane in cui si sente la necessità di ingannare il tempo e/o di combattere lo stress. Il pollice no, non è igienico né per se stessi né per gli altri con cui si viene a contatto, poi tiene impegnata tutta una mano, e poi a lungo andare fa tutte le rughine come quando al mare si sta troppo in acqua. Un bel ciuccio, magari con un design ricercato e moderno, magari realizzato con materiali naturali, ipoallergenici e biodegradabili, sarebbe l'ideale.
A questo punto forse qualcuno che ha letto Freud o gente del genere, o che ne ha sentito parlare di sfuggita, potrebbe anche trovare in questo desiderio di ciuccio recondite motivazioni inconfessabili: a loro ricorderemo, senza perderci troppo tempo, l'esistenza di lecca lecca, stecche di liquirizia, tappini di penne, pipe, sigarette e simili, che al ciuccio possono essere assimilati senza eccessiva fatica; ma appunto senza perderci troppo tempo, però: ché non se lo meritano. E poi non abbiamo tempo per i discorsi, noi: il nostro ciuccio ci aspetta.

sabato 4 febbraio 2012