mercoledì 26 novembre 2008

Contro C _ _ _ o

Lì dove lavoro io, proprio nel mio stanzino, da un po' di tempo ci hanno messo un tipo nuovo. No, mettiamo subito le cose in chiaro: non è un mio collega. Non vorrei che mi si confondesse con certa gente. E' uno che è lì a fare la tesi. Su che cosa non lo so e non me ne frega neanche niente, e non merita che me ne interessi, ma che è tesista ce l'ha scritto anche sul badge, quindi è palese. Anzi, per la precisione sul badge gli ci hanno scritto Stagista, auspicabilmente per inserire un velato accenno alle reali mansioni per le quali è stato preso.
Intendiamoci: non è che ce l'ho con tutti i tesisti (o stagisti che siano), anzi. Alcuni stanno incrementando sensibilmente la percentuale di donne presenti in azienda (non ci vuole molto a incrementarla sensibilmente, quella percentuale, in quell'azienda...), altri si sono conquistati immensa e meritata stima regalando panini e buoni pasto a destra e a manca; ma questo qui.
Questo ogni tanto lo vedi arrivare, con calma, all'ora che gli pare ma sempre prima di pranzo; se ne va all'ora che gli pare ma sempre dopo pranzo; sfrutta fraudolentemente strumenti telematici aziendali che sarebbero assegnati ad altri; utilizza i cessi dei dipendenti anziché andare a fare le sue cosine nel piazzale come dovrebbe; e in più vuole anche dei soldi. E pare che li potrebbe anche ottenere. Non dall'azienda ma - dice - dall'università. Cioè, l'università lo pagherebbe per venire lì a fare la tesi. Cioè, il Ministero della [Pubblica?] Istruzione, dell'Università, della Ricerca eccetera, che notoriamente ha le pezze al culo, non ha una lira per pagare i ricercatori veri ma neanche per cambiare il toner della fotocopiatrice, si permette di pagare questo qui per venire a frantumare le palle a chi lavora e ai compagni di stanzino. E lui si lamenta pure che lo pagano poco. Come se a tutti noialtri ci avesse mai pagato qualcuno per laurearci.
Ma che vergogna.
Oddio, forse un po' si vergogna anche lui, in effetti. Tanto che mi ha autorizzato a scrivere questo brutto post di denuncia. E avrei voluto anche vedere.

sabato 22 novembre 2008

Essere Normale

Ieri sera in treno a Pisa due tipi sono saliti e mi si sono seduti vicino, uno di fronte all'altro. Due ragazzi. Due studenti del primo anno. Due matricole, si sarebbe detto ai miei tempi. In ogni caso, due della Normale. Uno studiava matematica, uno fisica. Questi si sono seduti e sono stati tutto il viaggio a discorrere di spazi vettoriali, polinomi, applicazioni suriettive, limiti di serie, dimostrazioni fantasiose di teoremi astrusi, e seghe mentali assortite. E discutevano, e si appassionavano, e si divertivano. Bisognava vederli. E non solo vederli. Per fare le cose a modo sarebbe stato da avere una pagaia (v. Figura 1), in modo da poterli picchiare entrambi con una sola bracciata. E dargliele a due a due finché non diventavan dispari, come si dice. Insomma, ieri sera sono stato felice di essere igniorante.

domenica 16 novembre 2008

Nulla

Mi è stato richiesto, per lavoro, un certificato penale del casellario giudiziale. E io proprio ieri, nonostante due aggettivi - per di più in rima - su cinque parole non rappresentino un esempio della prosa che preferisco, ligio al dovere l'ho fatto. Ma l'ho fatto significa che:

  • Ho dovuto cercare su Internet di che roba si trattasse e dove lo facessero;
  • Ho dovuto telefonare per chiedere gli orari e la documentazione necessaria, perché vatti a fidare di Internet;
  • Ho dovuto comprare due marche da bollo da €3,10 cadauna;
  • Ho dovuto comprare due biglietti per Spezia;
  • Ho dovuto prendere la corriera giusta all'ora giusta, scendere alla fermata giusta, entrare dalla porta giusta, andare al piano giusto nell'ufficio giusto;
  • Ho dovuto compilare l'apposito modulo.
E tutto questo per cosa? Per avere un foglio in cui (cito testualmente) "si attesta che nella Banca dati del Casellario giudiziale risulta: NULLA".
Cioè, tutto 'sto casino per un foglio con scritto nulla. Un traffico palesemente sproporzionato rispetto ai risultati. Talmente palese era la sproporzione che me ne sono accorto subito, appena l'addetta mi ha consegnato il foglio. E lì per lì ho anche pensato a un possibile metodo per rendere meno inutile tutto il lavoro fatto fino a quel momento per quel foglio. Mi sarebbe bastato impugnare saldamente la penna con cui avevo appena compilato il modulo e conficcarla con determinazione nel collo dell'addetta, piantandogliela secca nella carotide. Così la gentile signora avrebbe potuto cancellare col proprio sangue la parola "NULLA" dal certificato e vi avrebbe potuto scrivere, in diretta, qualcosa di più concreto. Non so esattamente cosa, non sono mica un penalista, ma qualcosa che giustificasse il dispendio di tempo ed energie che avevo profuso per ottenere il certificato stesso. Ci ho pensato qualche istante, ma poi ho guardato l'orologio, ho visto che rischiavo di perdere la corriera, e me ne sono andato. Nulla.

giovedì 13 novembre 2008

A pomi

Spero mi perdonerete se per una volta mi lancio a capofitto in un'analisi caratterizzata da notevole dettaglio e profondità nei riguardi di un argomento di interesse niente meno che planetario, ma mi tocca.
Il fatto è questo: piove.
Non so lì, ma qua è piovuto anche oggi. Tutto il giorno. Come se finora ne fosse venuta giù ancora poca, d'acqua. No, ma dico: ma quanta ne è venuta? ma dove se la tenevano tutta? ma ce n'avranno ancora tanta? ma io non lo so. Quello che so è che ora, come se non bastasse, vi beccate anche questo:



Scusate la banalità ma era d'obbligo.

venerdì 7 novembre 2008

Ciao

Poco fa sono stato contattato in chat da una persona. Non importa chi, una. Questa persona era piuttosto incazzata nei miei confronti, giacché sosteneva che non una ma ben due volte, avendola incontrata sulla pubblica via, non l'ho salutata. E con ogni probabilità è successo proprio così. Non posso darle torto. Mi sono scusato e ho provato a spiegarle la questione, ma non sono sicuro di averla convinta. In ogni caso è una questione generale, che non riguarda solo quella persona, anzi. Già che ci sono, quindi, ve la spiego anche a voi. Alcuni dei miei cari lettori la conosceranno già, e potranno confermarla; per altri sarà un avviso per il giorno in cui, incontrandoli, non li saluterò (sempre che non sia già successo); ad altri ancora non fregherà niente ma non sarà certo la prima volta.
La questione, detta in parole povere, è semplice: non riconosco le persone.
Cioè, calma, non tutte le persone. Quelle con cui ho a che fare spesso e/o da parecchio tempo le riconosco senza problemi. Il problema sono le persone che vedo ogni tanto o che conosco da poco. Quelle, salvo casi eccezionali, fatico proprio a riconoscerle. E non riconoscendole non le saluto. Non è che posso andare in giro salutando tutti quelli che incrocio. Ovvio.
Sì, ovvio se lo sai. Se non lo sai vedi solo che non ti saluto e giustamente t'incazzi e non mi saluti. Questo mi è già successo con diversa gente, e temo che mi succederà ancora. Ho collezionato pacchi e pacchi di figure di merda, negli anni, con questa storia. Certo, la questione ha anche qualche lato positivo: quando gli altri si lamentavano perché al mare (o in piazza) c'era sempre la solita gente, io non mi sentivo minimamente sfiorato dal problema. Però, capirete, globalmente la questione ha il suo peso. In realtà la questione ha anche un suo nome: la chiamano prosopagnosia, e ci studiano anche sopra. Certo, la mia è senz'altro una forma lieve, la mamma la riconosco ancora (forse perché di mamma ce n'è una sola...), ma credetemi, è una discreta rottura comunque. Voi ora lo sapete. Ditelo in giro, se vi capita. E ciao a tutti.

domenica 2 novembre 2008

Le fontane caudine

Premetto che reputo la presenza delle fontanelle, così come quella delle panchine, uno dei più immediati segni tangibili della civiltà di una città. Offrire gratuitamente acqua ai viandanti e riposo alle loro stanche membra senza costringerli a entrare in un bar è un gesto assai nobile. Però.
Però salvo poche, lodevoli eccezioni, le fontane hanno un difetto. Sono basse. E per bere ti costringono a chinarti fino a mezzo metro da terra, operazione scomoda e che obbliga l'assetato ad offrire alla vista dei passanti una parte di sé unanimemente ritenuta poco nobile.
Anche qua, come in molti altri casi della vita, una ragione ci deve pur essere.
Ci ho pensato.
Escluderei le economie sulla materia prima: sul prezzo della fontana, comprensivo di installazione e tutto, un allungamento di un palmo non dovrebbe incidere in maniera apprezzabile. Mi sentirei d'altronde di escludere anche altre ragioni tecniche, estetiche o comunque architetturali. E allora?
La spiegazione che mi pare più plausibile, anche se difficilmente gli assessori alle fontane la confesseranno, è che i sindaci intendano obbligare gli utenti delle fontane cittadine a ringraziarli per il servizio offerto loro. Facendo la fontana bassa, chi ne vuole usufruire deve inchinarsi, quasi prostrarsi, di fronte al gentilissimo amministratore pubblico che si è prodigato per rendere più confortevole il suo soggiorno in città. Un po' come se venisse costretto a passare sotto le famose forche caudine, direi.
Poco male. Tutto sommato, mi pare che ne valga senz'altro la pena.