sabato 27 settembre 2008

Se non ci sentiamo per un po'...

Mi è stato illustrato ieri sera e ne ho cercato e trovato conferma stamattina su diversi autorevoli siti in giro per Internet: il muggine (Mugil cephalus) è un simpatico pesciolone che ha l'ottima abitudine di sguazzare in un qualunque liquido contenente una minima percentuale d'acqua, e infatti vivacchia senza grossi problemi in porti, foci di depuratori eccetera (anche serbatoi di coca cola? chissà). Si nutre raschiando quelle viscide alghette schifose che si trovano attaccate agli scogli, ma solo quando è festa: normalmente ruma col muso nella fanghiglia del fondale ciucciando la sabbia alla ricerca di qualcosa di vagamente commestibile. Un pesce senza troppe mozze, come direbbero da queste parti.
E detta così mi starebbe anche bene. Senonché queste interessanti informazioni mi sono state fornite ieri sera, a cena, dopo che avevo finito di mangiare un ottimo carpaccio di pesce. Carpaccio significa roba cruda, lo sapete.
E il pesce che pesce era?
Esatto, lui.
In altre parole, ho mangiato uno di questi aggeggi crudo. Quasi vivo. Pescato da uno dei commensali giusto ieri mattina, con la fiocina, nei pressi della diga del porto di Spezia, sapete, dove c'era stata quell'invasione di alghe tossiche qualche tempo fa, forse ne avrete sentito parlare. Insomma, il valido pescatore ieri mattina s'è immerso, si è trovato davanti questo branco di muggini (branchi di branzini mai), ha sparato e ne ha presi due in un colpo solo. Sostiene che non erano muggini di porto, ma si trattava senz'altro di muggini che venivano dal mare aperto, giacché erano più magri e affusolati di quelli autoctoni. Voci di corridoio sostengono invece che si trattasse solo di muggini malati, ma non ci sono conferme. E, insomma, ha preso questi due muggini nel mucchio, li ha affettati e molto gentilmente ce li ha offerti. Ed erano anche buoni, ve l'ho detto.
E poi di seguito c'era un arrosto al pepe con tanto di quel pepe che, ne sono certo, nella notte avrà di certo sterilizzato tutto il tratto che va dall'esofago all'intestino tenue spegnendo ogni eventuale sussulto di vita del muggine crudo. Era buono anche l'arrosto, e poi quelle robe così piccanti hanno un vantaggio, sono come un'offerta 2 al prezzo di 1: li senti dapprima quando entrano, mentre li mangi, e poi li senti di nuovo quando escono. Due piccioni con una fava, proprio.
Poi c'erano vari tipi di patate con vari tipi di pepi, uno strano pane con semi di papavero da oppio (Papaver somniferum), e un semplice ma onesto dessert. Cosa voglio di più?
E quindi, a parte gli scherzi, io che non ho fatto un cazzo ringrazio ufficialmente:

  • Chi ci ha messo la casa;
  • Chi ha pescato i pesci ratto, ehm, muggini;
  • Chi ha fatto da mangiare;
  • Chi ha lavato i piatti;
  • Chi mi ha portato fino a Caprognano col jeeppino e pure riportato a casa.

lunedì 22 settembre 2008

Ciuf ciuf clic clic

Ancora treni, sì. E no, perché non ve ne fregherà niente ma stasera ero seduto nella fila dietro a una tipa, sui 40, mezza spagnola o comunque spagnofona, con una macchina fotografica. Non era male, la macchina (la macchina!): reflex digitale, Nikon, zoom bello lungo, insomma un bell'oggettino. E questa tizia ha pensato "L'ho pagata, la uso!", e si è messa a fotografare. Ha iniziato subito dopo Pisa, sul ponte, e quando sono sceso non aveva ancora smesso. Ne avrà fatte un migliaio. E a che cosa le ha fatte, poi? A me? Macché. Al tramonto. Sì, c'era il tramonto, è vero, ma c'è tutti i giorni, e non era chissà che tramonto, e non c'era neanche il mare, neanche un po'. E quella ha documentato tutte le fasi di quel cazzo di tramonto, attimo per attimo. Se il sole tornava su faceva lo scoop, ma stavolta le è andata male. E tutto ciò col finestrino spalancato e io dietro. E finito il tramonto? Si è girata di là, ha aperto l'altro finestrino e ha fotografato i monti. Un altro migliaio di foto alle Apuane, metro per metro. Col flash. Che notoriamente a qualche chilometro di distanza dà il meglio di sé, il flash. E ha attivato anche la funzione anti occhi rossi, sia mai che le venisse il marmo con gli occhi rossi, sta male. Insomma, questa adesso sarà lì che cancella migliaia di foto inutili. Inutili proprio come questo post. Però ormai l'ho scritto e non lo cancello, io. Mica come quella, io.

giovedì 18 settembre 2008

Mimesi ferroviaria

L'altra mattina invece sul mio treno è salito un soldato. Uno dell'esercito, proprio. Non so che grado avesse, in tutta la simbologia delle stellette e delle mostrine non ci ho mai capito un tubo (e questo non è mai stato tra i motivi che mi hanno fatto perdere il sonno), ma che fosse un soldato era palese, si vedeva da qua a laggiù in fondo: aveva la mimetica...
Ehi, un momento. Ripeto.
Si vedeva che era un soldato, e lo si vedeva chiaramente, da un'estremità all'altra della carrozza, perché aveva la mimetica.
Qualcosa non va.
Io non so come si sarebbe ambientato quel soldato nella giungla o nella tundra o nella pineta di Migliarino, ma su quel treno quella mimetica non funzionava affatto. Il tipo non si mimetizzava neanche un po', anzi, ve l'ho detto, lo si sarebbe riconosciuto a chilometri.
Urgono provvedimenti.
Ne suggerisco due, alternativi e complementari:

  1. Si forniscono ai soldati, o almeno a quelli che usufruiscono del treno, delle divise prodotte con la stessa stoffa che ricopre i sedili del treno stesso. Aumenterebbe il bagaglio e il tempo necessario alla vestizione, ma l'effetto sarebbe garantito e la flessibilità massimizzata.
  2. Si installano in ogni carrozza, accanto ai posti riservati a mutilati e invalidi eccetera, dei seggiolini appositi per i militari, ricoperti della stessa stoffa con cui sono prodotte le mimetiche. Metodo assai meno flessibile ma più pratico.
Di sicuro, ne converrete, così non si può andare avanti.

domenica 14 settembre 2008

Famolo strano


Via, ci dovrà pur essere un motivo. Non si saranno mica messi a produrre una tavoletta da cesso con quella forma lì e con quei tre aggeggini sotto solo per passatempo. Eppure. Io è da quando il tipo che mi ha mandato questa foto mi ha mandato questa foto che non smetto di interrogarmi sull'utilità di siffatti accessori da cesso, senza alcun risultato. Ma voi che siete così perspicaci e ferrati sull'argomento saprete senz'altro offrirmi la soluzione a questo enigma. Forza, rispondete numerosi! (se vi pare)

martedì 9 settembre 2008

Un post che è la fine del mondo

Gente, io ve lo dico. Lo so che lo sapete già (e che fingete di non crederci), ma come insegnano le nonne è sempre meglio pararsi il culo. Non vorrei che poi qualcuno venisse fuori a dire che non vi avevo avvertito, e allora vi avverto: qua come niente domani finisce il mondo. Il mondo, gente, mica balle. Questi simpatici amici svizzeri domani di buon'ora pigliano due microparticelle a caso, le fanno girare per un po', e poi le sbattono una contro l'altra forte forte; quelle picchiando producono un little big bang, da lì nasce un buco nero piccino piccino picciò ma pur sempre nero e come tale, nel suo piccolo, incazzato nero, e quello in un minchiosecondo fa sparire tutta la Svizzera compresi cucù, coltellini, mucche e fondi neri (pure loro), e poi da lì pian pianino inizia a rosicchiarsi tutto il pianeta, e noi moriamo tutti. Facile, no? Dice che 'sto buco nero in quattr'anni se l'è fatto fuori tutto, il pianeta, fino all'ultimo canguro. Poi farà il ruttino e inizierà a ciucciarsi pure la luna, così, come dessert, ma a quel punto sapete quanto ce ne fregherà della luna. Certo, c'è di buono che ci metterà quattro anni. In questi quattro anni uno potrà prendere il Cisalpino e andare a vedere il buco nero. Farsi una foto col buco nero. Farsi risucchiare dal buco nero (e qui mi fermo). Son belle cose. E poi, chissà che rumore fa un buco nero. Chissà se puzza, un buco nero. Tra un po' lo sapremo. E, girando per le strade di un mondo che finirà dopo qualche anno, ci si potranno togliere un sacco di soddisfazioni. Sempre che qualcuno non si tolga prima le sue su di voi. Ma intanto, che vi frega, un anno più un anno meno...
Via, basta, io ve l'ho detto. Il mio dovere l'ho fatto. Ci si risente. Magari in un'altra dimensione.

sabato 6 settembre 2008

Carpe (senza diem)

Dico: prendiamo i pesci. Se non esistessero i pesci riuscireste a immaginarli? Non lo so, ma intanto esistono già da diverso tempo, e comunque sono certo che (salvo rare eccezioni) non avete colto la citazione colta, quindi lasciamo perdere, non dormiamo e prendiamo i pesci.
I pesci vivono nell'acqua, e ciò è noto. Ci sono pesci d'acqua salata e pesci d'acqua dolce. Gli uni stanno in mare, gli altri nei fiumi, nei laghi, nel Canale eccetera. Fino a qui dovremmo esserci tutti, no?
Bene.
Solo che, appunto, il mare è uno, mentre i fiumi, i laghi eccetera sono tanti. Ma tanti tanti. Sono una marea, se mi si passa l'espressione. E mentre un pesce che vive nel mare, stando attento, se ne può andare in giro un po' dove gli pare, uno che vive in un fiume non è che un bel giorno può prendere e andarsene in un altro. Perché tra il suo fiume e l'altro, lì sì che c'è di mezzo il mare (mentre tra il dire e il fare, com'è noto, c'è di mezzo e il), e lui è un pesce di fiume, e dal mare non ci può mica passare.
Quindi, ciò che mi chiedo è: come fanno a esserci più o meno gli stessi tipi di pesci in tutti i fiumi?
Sì, lo so che non sono proprio gli stessi, che ci sono varie razze e varie specie e roba varia, però, via, più o meno una carpa è una carpa, e le carpe ci sono in un sacco di fiumi. E lo stesso vale per un mucchio di altri pesci. Come ci sono arrivati tutti quei pesci uguali in tutti quei fiumi diversi? Io non lo so, voi non fate finta di saperlo.

lunedì 1 settembre 2008

Botta di Cultura

Come certamente non ignorerete proprio voi che siete cittadini del mondo, nei giorni scorsi qua a Sarzana si è tenuto il ben noto Festival della mente. E quando la Cultura arriva in città, se posso, ne approfitto per darmi una sgrezzata. E quindi in questi 3 giorni ho assunto una dose di Cultura che neanche in 3 anni. Sono andato a vedere, nell'ordine:

  • Toni Servillo
  • Piergiorgio Odifreddi
  • Matteo Motterlini
  • Danilo Mainardi
  • Roberto Andò e Ferdinando Scianna
  • Marc Augé con Marco Aime
  • Alessandro Barbero
  • Moni Ovadia

Sento già i vostri mugugni: E a noi che cazzo ce ne frega?, state mormorando. Innanzitutto vi invito ad adottare una terminologia meno scurrile, ché qua si parla di Cultura, mica cazzi&caimani. E comunque, tutto ciò era per ringraziare ufficialmente e pubblicamente la zia che mi ha gentilmente fornito il pass.