mercoledì 25 novembre 2009

Gessetto nero

Invece l'altra mattina in treno si è seduto di fronte a me, cioè, non proprio di fronte, di fronte leggermente a sinistra, lato corridoio, ma che differenza fa?, dicevo, si è seduto quasi di fronte a me un nero, anzi, si può ancora dire "nero" o è diventato obbligatorio "diversamente bianco"?, chissà, dicevo, si è seduto quasi di fronte a me un per così dire nero che aveva un braccio rotto. Ingessato.
Ora, vediamo di mettere subito le cose in chiaro, direi quasi nero su bianco (se non fosse che): qua non si tratta affatto di ignobili e idiote discriminazioni razziali, tutt'altro, si tratta di riconoscere e rispettare, e direi valorizzare, le più palesi differenze tra i popoli, siano esse culturali, religiose o, perché no, fisiche. Perché esistono anche quelle fisiche, inutile negarlo, e talvolta sono addirittura più notevoli (e per talune più piacevoli) di quelle culturali. E quindi, diciamolo: quel nero con quel gesso bianco stava veramente malissimo. Lo notavo persino io che non sono certo un esteta. Insomma, non è possibile pensare, e pretendere, di poter adattare a forza i nostri modelli di società, di cultura e di ingessature presso tutti i popoli del mondo. Dobbiamo venire incontro alle esigenze di genti diverse. Certo, non sempre è facile, ma è l'unica. Poi, tante volte ci vorrebbe tanto poco. In fondo basterebbe tritare un po' carbone o copertone o liquirizia o catrame o bachelite o roba del genere nell'impasto del gesso. E dosando a modo ognuno avrebbe il suo gesso, che s'intona con la sua carnagione. Un po' di carbone non sarà mica la fine del mondo, mica è diamante. Sarebbe una bella dimostrazione di rispetto con uno sforzo minimo. E sarebbe anche brevettabile (sempre se non ci arrivano prima i cinesi).

venerdì 20 novembre 2009

E questa a l'è a ma stöia e t'ä veuggiu cuntâ

Non so perché ma oggi mi è tornata in mente questa cosa qua, e quindi la scrivo.
Era la fine di maggio di qualche anno fa, era venerdì, tornavo da Parma, ero in treno, e a Fornovo dovevo cambiare. Sapevo che fino alla settimana precedente la seconda carrozza del treno che avrei dovuto prendere, benché nominalmente di prima classe, era declassata. Bene. Arrivo a Fornovo, l'altro treno è già lì che ci aspetta, c'è il consueto assalto alla diligenza, inizio a correre. Arrivo alla seconda carrozza, scende il controllore. Nella fretta non mi viene da chiedergli «Scusi, è mica declassata?» o «Scusi, è di prima classe?», ma gli chiedo: «Scusi, è prima vera?».
Mi fa: «Eh, ormai...».

domenica 15 novembre 2009

Più muri per tutti!

So (o almeno, spero di sapere) che detta così non sembra un'idea particolarmente attraente, specie in questi tempi di anniversari a cifre tonde, ma credo, credo fermamente, che ci vorrebbero più muri. Già. Credo che bisognerebbe disseminare di muri il territorio nazionale.
Spiego.
Ogni volta che in qualche paesello avviene una rapina, uno stupro, un omcidio, una strage, un'alluvione, una tragedia qualunque, c'è sempre tutta la gente del luogo che si mette dietro all'inviato/a del telegiornale, sorride, fa ciao, fa le corna, fa vedere il pupo, avverte gli amici a casa, se è il caso dà una palpata alla giornalista, eccetera. Com'è suo pieno diritto, trattandosi di patrio suolo pubblico e di sacrosanta libertà di espressione. Ma se nei dintorni fosse disponibile qualche muro, magari costruito all'uopo, l'esperto/a telecronista potrebbe realizzare il suo servizio stando in piedi con le spalle al muro medesimo e risolvere il problema alla radice, invece che doversi piazzare in mezzo alla piazza con tutto quel popolo salutante sullo sfondo. Basterebbe tirar su, in mezzo alla piazza stessa (ad ogni piazza del regno: si sa che non tutti nella capitale nascono eccetera), un semplice muretto di forati, 3 metri per 2, mica la muraglia cinese. E poi sarebbero sempre opere pubbliche, si darebbe lavoro a un sacco di gente, si rilancerebbe l'economia locale... Sì, dovrei proporlo. Magari mi fanno cavaliere. Suonerebbe mica male.

sabato 7 novembre 2009

Soluzione unica

Perché basterebbe mettersi tutti d'accordo, e le cose si farebbero. Una alla volta, prendendosi i tempi necessari, ma alla fine si farebbero tutte e si farebbero bene. Invece no, si vuol migliorare tutto e tutto insieme, si disperdono energie e non si ottiene niente. O quanto meno, si perde del gran tempo e non si ottiene quello che si potrebbe. Qua tutti studiano tutto, ognuno si prende il suo pezzettino di realtà o presunta tale e se lo analizza, magari con le migliori intenzioni, per carità, ma senza una guida unica e coerente si va poco lontano. Va a finire che si lascia tutto a metà. Invece bisognerebbe scegliere un problema, uno solo, concentrarsi tutti su quello e poi (poi) passare a un altro. Ad esempio. Si decide che il problema da risolvere è la nebbia in val Padana. La nebbia in Val Padana è un problema grosso, la gente si schianta, gli aerei restano a terra, roba seria. E succede tutti gli inverni, garantito. Bene. La soluzione c'è, non è immediata ma è reale, è lì a portata di mano, è già stata trovata trent'anni fa da un genio del nostro tempo. Ve la ricordo:
Bisogna solo metterla in pratica. Ci vorrà un po' di tempo, chi lo nega, ma qualcuno deve pur cominciare, e mettendosi di buzzo buono tutti insieme ci si può fare. Nel frattempo però non è che si perde tempo a far dell'altro, si scava e si costruiscono i muri, si gestiscono le operazioni di scavo e di costruzione di muri, si studiano nuovi metodi di scavo e di costruzione di muri, e basta, e avanti finché ce n'è. Risolto quel problema una volta per tutte, se ne trova un altro (chessò, la proliferazione di blog idioti come questo) e lo si risolve. E avanti così. O no?