Da qualche parte abbiamo sbagliato. Non è stata colpa nostra, né mia né vostra né, per una volta, di chi è venuto immediatamente prima di noi: è andata così e amen, gli errori si fanno e si pagano. Questo errore noi (noi la razza umana, dico) l'abbiamo fatto e lo paghiamo e lo pagheremo.
Dev'essere successo pressappoco quanto segue: a un certo punto, lungo la lunga e contorta e ramificata strada dell'evoluzione, ci siamo trovati dinanzi a un bivio. L'evoluzione delle specie, si sa, è costellata di questi bivii. Una razza arriva lì e, anche se non lo sa, si biforca. Di qua asino, di là cavallo. Di qua maiale, di là cinghiale. E una volta che una razza ha imboccato una certa strada non c'è mica più verso di tornare indietro. Si va sempre avanti, fino a un nuovo bivio o fino a un qualche cul de sac (chiedere a tilacini, dodi (no, non quello dei Pooh) e dinosauri vari). E così è successo all'uomo: a un certo punto un certo grumo di geni ha deciso di mutare, e ci si è separati: di qua Neanderthal, di là Sapiens (detta a spanne), e così via. Solo che, come tutte le cose del mondo, ogni razza ha i suoi pregi e i suoi difetti. All'asino magari farebbero comodo certe caratteristiche del cavallo, o della zebra, chissà; ma non ce le ha, e pazienza, va bene anche così, nel complesso, e comunque non può farci niente, l'asino, e quindi gli conviene andarsi bene così, tenersi com'è. E lo stesso vale per noi. L'uomo in fondo funziona bene, ha i pollici opponibili, la stazione eretta, il culo sporgente, un sacco di belle cose. Però qualche dettaglietto che non va, o che potrebbe andare meglio, ce l'ha anche lui.
Ad esempio. In questi giorni fa un freddo porco. Venti artici e venti antartici
(e fanno quaranta) si sono dati appuntamento proprio qua al fine di sfidare il calendario che vorrebbe fosse quasi primavera. E così uno esce di casa e ghiaccia. Ghiaccia tutto il corpo, ma soprattutto certe zone. Soprattutto quelle scoperte. E tra queste tendono a ghiacciare in particolar modo naso e orecchie. Anche guance e mento non se la passano benissimo, certo, ma il freddo lo sentono soprattutto naso e orecchie. Madre Natura, com'è noto, ha dotato un bel po' di animali di apposita pelliccia, affinché potessero difendersi da questi e ben altri freddi. Di questa utile coltre pelosa a noi è rimasta (tra l'altro) la barba. La barba però, anche a lasciarla crescere, cresce su guance e mento. Cioè in posti magari non del tutto sbagliati ma certo meno utili di altri. Pazienza, certo, ci si adegua, però già che c'era avrebbe fatto comodo anche altrove, la barba. E mi sa tanto che nel corso di milioni di anni di evoluzione a qualcuno è capitato di averla dove serve. Qualche nostro progenitore si è trovato a un bivio: di qua pollici opponibili e appendice, di là barba su naso e orecchie (per l'inverno) e chissà quali sfighe (per tutte le stagioni). Per un certo periodo magari le due specie hanno convissuto più o meno pacificamente, poi la nostra ha prevalso, per un motivo o per l'altro (o per una semplice botta di culo, come spesso accade). E così usciamo, ghiacciamo e ci teniamo come siamo.