martedì 2 marzo 2010

Vintage?

Per ragioni sulle quali non mi soffermerei neppure se vi riguardassero, l'altro giorno mi sono arrivati a casa due CD. Mi sono arrivati e ho pensato bene di sentirli, per vedere quanto meno se funzionavano. E allora ho tolto dalla borsa l'onesto lettore MP3 che uso abitualmente in viaggio e per un giorno l'ho sostituito col caro vecchio riproduttore portatile di CD, riesumato per l'occasione da lungo letargo. Riproduttore marca Autovox, modello AX-01A14, e chissà quanti modelli differenti di riproduttori portatili di CD avrà mai prodotto la Autovox per doverli identificare mediante sigle astruse quali AX-01A14. Numero di serie 000100568, ma trattasi con ogni evidenza di numero pseudocasuale.
Ad ogni modo, ho preso due pile stilo alcaline, le ho inserite rispettando la polarità (una all'insù e una all'ingiù, ché le pile vanno in serie, si sa), ho collegato le cuffie (uscita PHONES, mica uscita LINE OUT: sembrano uguali ma invece c'è il trucco) e ho buttato il tutto nella borsa. Accomodatomi sul treno, mi sono scoperto a riscoprire gesti antichi, manualità dimenticate, interfacce primitive, nomenclature bizzarre. Aprire la confezione dei CD, estrarne uno facendo attenzione a non graffiarlo (in treno non è mica banale), aprire il coperchio del lettore, inserire il CD esercitando una pressione decisa ma non eccessiva al centro, richiudere il coperchio, e finalmente premere PLAY. Non poter leggere il titolo della canzone che si sta ascoltando né la sua durata, ignorare la carica residua delle pile. Regolare il volume ruotando una rotellina, forse un reostato o forse un potenziometro, non so, di sicuro qualcosa di intuitivo come solo l'analogico sa essere. Agire sul comando magniloquentemente denominato BASS BOOST (e già, perché l'apparecchio è dotato di "DBBS - Dynamic Bass Boost Sound", che vi credevate?). Dover fare attenzione a non sottoporre l'aggeggio a sollecitazioni eccessive e/o prolungate (nonostante il "10-second Anti Shock" sia di serie). Non poterlo mettere in tasca. A metà del viaggio, dover cambiare il CD ripetendo e duplicando la procedura di cui sopra. Ma anche avere tra le mani il supporto su cui è incisa la tua musica, incisa, scolpita, pit e land, mica grumi di elettroni che non sai neanche dove sono. E avere il CD originale, dove "originale" significa ancora qualcosa, non molto, è vero, ma più che niente.
Non sono un nostalgico né un feticista del microsolco, non ho mai comprato un 33 giri né probabilmente mai lo comprerò, ho avuto qualche 45 giri da bambino, poi buttato via come un cretino, ma posso capire chi sostiene che nonostante tutto erano un'altra cosa. Non tornerei indietro, però in effetti qualcosa di buono (nel mucchio) c'era, e non c'è più. E mi sa che quelli della mia generazione sono stati gli ultimi per cui queste cose qua contavano ancora qualcosa, e però mi sa anche che se queste cose qua non contano più, se una canzone non è che una lunga serie immateriale di zeri e di uni che si può copiare infinite volte rimanendo sempre identica a se stessa (ed è così), tutto il sistema com'è stato e com'è non dura ancora per molto, ma su questo sono stati e saranno scritti terabyte di zeri e di uni, e quindi la chiudo qui. Intanto non è questo il punto.
Il punto è che tutto ciò, il lettore CD, le pile stilo eccetera, fino a pochi anni fa era normale, anzi, quasi all'avanguardia. Era normale tirar fuori dalla borsa un lettore CD (beh, magari non un Autovox, ma insomma), nessuno ti guardava come un fossile. In fondo mica sono cassette, i CD. In fondo sono zeri e uni anche loro. In fondo il CD è una tecnologia figlia degli anni 70, ma anch'io sono figlio degli anni 70, e non mi ritengo ancora proprio così vecchio. O sì?

3 commenti:

obligadu ha detto...

... ottimo post Gilo! E comunque... ma esiste la "Autovox"?

Optimus e abbondante ha detto...

Si, combattono contro i Deception per difendere gli umani.

Anonimo ha detto...

Quali sono i CD che hanno fatto risorgere il buon vecchio Auotovox?