martedì 26 agosto 2008

Tenere fuori dalla portata del Gilo

Non molti giorni fa mi sono recato in questo grande magazzino sarzanese (ma non disperate, fa parte di una catena, se siete fortunati magari ce n'è uno anche costì vicino a voi), e lì, in uno scaffale dei tanti, ho visto queste racchette fulminazanzare. Sapete quali sono, no? Sono quelle specie di piccole racchette da tennis dotate di una pila nel manico e aventi le corde, metalliche, percorse da corrente, fatte in modo tale che qualora la malcapitata zanzara dovesse toccarle ne rimarrebbe istantaneamente e definitivamente fulminata. Lo so, non sono certo una novità queste racchette ammazzazanzare, ormai è da diversi anni che se ne vedono in circolazione. Ma quelle avevano la particolarità non secondaria di essere vendute a un prezzo sensibilmente inferiore a ogni altra racchetta massacrazanzare in cui mi ero imbattuto fino all'altro giorno.
In realtà non ne avrei bisogno di una racchetta accoppazanzare, specialmente da quando ho installato la zanzariera alla finestra della camera; tuttavia, forse a causa del risvegliarsi di qualche ancestrale istinto di caccia, sopito in me fin dal paleolitico superiore, ero quasi tentato di comprarne una. Diciamocelo, la racchetta sterminazanzare sta alla zanzariera come cacciare una pernice nella brughiera di mattina dove non si vede un casso per ritrovar se stesso [cit.] sta a comprare quattro ali di pollo alla Coop.
Senza considerare quanto segue: la racchetta trucidazanzare può essere facilmente riadattata per molteplici altri scopi. In fondo non si tratta che di una griglia composta da sottili conduttori e dotata di un manico isolante. Basterebbe comprarne un paio (il prezzo è popolare, ve l'ho detto), collegarle alla corrente (intendo proprio la 220, mica quelle due stitiche ministilo in dotazione), inserire un qualche essere vivente a mo' di toast tra le due griglie, stringere bene e premere l'interruttore. Per il ben noto effetto Joule, l'energia elettrica che fluirebbe attraverso il corpo dell'essere ex-vivente in questione, trasformandosi in energia termica, ne consentirebbe una cottura uniforme, dietetica, rapida e altamente innovativa. Una roba da grandi chef. A quel punto non rimarrebbe altro che da scegliere il tipo di carne più adatto a tale metodo di cottura. Servirebbe un animale di forma pressoché rotonda, schiacciata, del diametro di un CD o poco più, non molto veloce a scappare... Uhm... Qualche idea?

mercoledì 20 agosto 2008

Qui si fa.

L'altro giorno ho preso la corriera (tanto se non lo precisavo io ci pensava qualcun altro...) e sono andato a Lerici. E sono passato davanti al Cinema Teatro Astoria. In effetti è difficile non passarci davanti, andando a Lerici con o senza corriera, ed è soprattutto difficile, passandoci davanti, non notarlo. Anche se non è certo una novità. In effetti è da un bel po' che c'è, ma come tutte le cose prodotte dall'uomo, tra cui l'uomo stesso, ci sarà stato sicuramente un tempo in cui non c'era. Poi lo avranno costruito. E niente, me li vedevo mentre lo costruivano. L'architetto, il capomastro, tutti gli operai a fare su e giù per i ponteggi, davanti ai ponteggi il classico telo verde, e sopra un cartello:

QUI SI FA L'ASTORIA.

Mica male, dev'esser stato. Peccato che non c'ero.

venerdì 15 agosto 2008

Un anno fa


Questa foto l'ho scattata io, trecentosessantasei giorni fa giusti giusti.
Per la cronaca, vi comunico che anche il dito è il mio. Ma l'avrete senz'altro riconosciuto anche da soli.
Perché, sapete, talvolta quando voglio riesco anche a essere un artista.

lunedì 11 agosto 2008

Ahi Siena, vituperio de le genti

Quest'oggi invece sono stato a fare un giro a Siena. E mi sono un pochino incazzato. E' vero, forse incazzarsi non serve, probabilmente ormai non c'è più niente da fare, è andata come è andata, quel che è stato è stato e chi ha avuto ha avuto e tutto quanto, però permettete che uno s'incazzi? Perché poi va sempre così in Italia, si fanno le cose come viene, giorno per giorno, alla cazzodicane, senza un minimo di visione d'assieme, senza un progetto a lungo termine. Ma dico, santi numi (anzi, non dico testualmente così, ma lasciamo stare), dico, caro fondatore di Siena, sei lì che stai fondando Siena. E dico Siena, non una Caprognano qualsiasi. Una città che per secoli ha avuto un'importanza politica, economica e culturale non indifferente, e che anche in seguito ha mantenuto un suo perché. Quante volte ti capiterà nella vita di fondare una città così? Sii onesto, non tante. E allora pensaci un attimo, prima. La vuoi fondare proprio lì, perché ti piace il posto, c'è aria buona, tutto quello che vuoi. Va bene, è un tuo diritto. Però, cazzo, prima di metterti a costruire così alla rinfusa guardati un attimo intorno. Pensa che milioni di persone, nei secoli dei secoli, dovranno viverci, in quel posto lì, almeno per qualche ora. E camminarci, su e giù e giù e su. E allora, grandissima testa di minchia, prima di buttarti con le ruspe e le betoniere e le gru dai una spianata! Dai, non ci vorrà mica tanto. Non deve venire un biliardo, qualche falsopiano si sopporta, ma mica così! Guarda i pisani, per dire. Eppure via, diciamocelo, sono pisani: non hanno altro che una torre e pure storta. Ma la città, loro, l'han fatta dritta. Orizzontale. Bella para. Così uno la gira tranquillamente in lungo e in largo senza ritrovarsi alla sera con due polpacci degni di una sollevatrice di pesi bulgara. Mica scemi. Loro.

mercoledì 6 agosto 2008

Vedi Napoli e poi torna

Ebbene sì, l'ho fatto. L'ho fatto e ne ho le prove:


Esatto, ieri, Sarzana - Napoli e ritorno in giornata. Partenza alle 05:59, arrivo alle 12:36, ripartenza alle 17:24, e alle 23:48 (più qualcosa) ero a Sarzana. Una bella botta di vita, non c'è che dire. Anche nominalmente sarebbero 1220 km, ma in più c'è qualcosa che i numeri non dicono.
Viaggio di andata. Salgo, mi siedo, posto finestrino, nello scompartimento sono da solo ma so che non dura. Infatti a Massa sale una quarantenne salernitana in trasferta, mi si piazza davanti, dice due cazzate, capisce che non è aria e la smette. Ok. Avanti.
A Livorno colpo di scena. Sale una tipa napoletana, sui 30, con quattro fantetti. Quattro. Bambini. Napoletani. Casinisti come pochi. Una di qualche mese, che a Formia smette di frignare e piscia sui seggiolini. Gli altri dai 4 ai 9 anni o giù di lì. Questi non fanno che urlare, battere, scalciare, sputacchiare roba in giro. Lei gli urla più di loro, dispensa pattoni in abbondanza ma si vede che non ci sa fare. La massese (sì, c'è sempre anche lei, siamo in 7, non ho sbagliato i conti) le si risveglia un qualche desiderio di maternità e inizia a giocare anche lei con questi stramaledetti pargoli. Io a Follonica ho già mal di testa, e continuano a piovermi sui piedi dinosauri e saiyan. Saluto il cartello Napoli centrale come fosse la statua della libertà.
Per il viaggio di ritorno poco da segnalare, se non che capito in un seggiolino sfigato senza bracciolo centrale. Non era rotto, proprio non c'era. Ma caro signor Giugiaro, dico io, progetti il restyling di una carrozza da Intercity plus, ci metti pure la firma, e lasci qua e là qualche seggiolino sfigato senza bracciolo centrale? Ma si può sapere perché? E se non era plus cosa ci mettevi, gli sgabelli?
Polemiche a parte, tra andata e ritorno sono riuscito anche a fare quanto segue:

  • Gustare un piatto tipico della tradizione partenopea (menù Big Tasty Bacon con patatine Vertigo e cono, e crepi l'avarizia);
  • Non farmi derubare (di cosa?);
  • Gettare un po' di rumenta per strada, così, per spregio;
  • Arrivare a piedi fino a piazza Plebiscito e soprattutto tornare indietro in tempo.

Direi che non c'è male, tutto sommato. Magari lo rifaccio. Magari no.

sabato 2 agosto 2008

Istruzioni per l'uso

L'ho imparato ieri sera, e proprio perché sono io ve lo dico anche a voi:
Il telefono cellulare non è lo strumento più indicato per stappare una bottiglia di birra.
O più precisamente: sì, in realtà funziona, facendo leva e facendo qualche tentativo alla fine la bottiglia si apre, ma poi è molto probabile che le tracce di questo episodio rimarranno sul cellulare a lungo.
Ora non dite che non vi avevo avvertiti.