sabato 26 settembre 2009

Ritenta, sarai più fortunato

Ormai per stavolta è andata così, e pazienza. Sì, è vero, non sono ancora neanche nel mezzo del cammin di nostra vita, per dirla con parole mie, però insomma, ormai l'andazzo generale è chiaro. E la garanzia è scaduta da un pezzo, e comunque soddisfatti o no qua non rimborsano mai (sempre parole mie). E anche le varianti in corso d'opera, è noto, più si va avanti e più diventano complicate. Ormai come sono mi tengo, poco da fare. Ma occhio, però: sto segnando tutto. Non vi crediate. Continuo a fare cazzate, sì, però continuo anche a segnarle. Ho preso un bel quaderno a righe, tempo fa, di quelli di Fabriano, carta spessa, e da allora sto diligentemente prendendo appunti. È già bello gonfio, ma non accenna a smettere di riempirsi, anzi. E quindi vi avverto: la prossima vita le so tutte. Ma tutte. La prossima vita sfoglio il quaderno e so cosa non dire e non fare in ogni occasione. Non sbaglio un colpo. Sì sì. La prossima vita spacco. Occhio.

mercoledì 16 settembre 2009

Oltre

Se ne iniziò a discutere una sera d'inizio estate a Falcinello e poi da lì si è proseguito, e quindi dico la mia anche qua: ci sono cose belle, cose brutte e cose oltre.
Chiarisco.
Certe cose, in realtà la maggioranza, certa gente le giudica belle e certa altra gente le giudica brutte. È normale, così va il mondo, per fortuna. Ma mica tutto il mondo va così, per fortuna. Ci sono anche cose che non si possono definire belle o brutte (a scelta) in senso assoluto, ma che semplicemente trascendono il comune senso dell'estetica. Ad esempio, prendiamo una lampadina, di quelle classiche, trasparenti, col filo di tungsteno (che se non fossero esistite le lampadine a cosa cavolo sarebbe mai servito il tungsteno? ma questa è tutt'un'altra storia), ecologicamente scorrette però con onestà: si può dire che sia bella? Non credo. È brutta? Via, no, le cose brutte sono altre. È oltre. E così una Panda: quella nuova può piacere o non piacere, de gustibus, ma quella vecchia, anche nota come Pandino, quella è semplicemente oltre. Era bella la Panda? Con tutto il bene che le si può volere, definirla tale mi sembra palesemente azzardato. Ma non era neanche brutta, dai. E lo stesso vale per diversi altri oggetti.
Cosa accomuna questi oggetti? Secondo me la funzionalità esibita, il coraggio di non far niente per nascondere di essere stati progettati così come sono solo per rispondere a una reale necessità e per nessun'altra ragione. La lampadina ha quella forma lì perché deve essere avvitata, far luce il più possibile e essere svitata. Il lampadario in cui quella lampadina è avvitata, invece, suo malgrado deve anche arredare, e quindi ricade nelle classificazioni, per me è bello, per te no. La Panda deve trasportare persone da qui a lì, e basta. Le automobili normali invece vogliono (o vorrebbero) anche darti delle emozioni, o rappresentare all'esterno i lati più intimi della tua personalità, e possono riuscirci o meno, e quindi sono giudicate in un modo o in un altro. La Panda non aspirava a tanto, ma così facendo faceva di più, saltava gli steccati e andava direttamente oltre. Poi magari non è neanche questo il punto, magari il motivo è un altro, non lo so. Però è così, la Panda, la lampadina, la penna Bic, la T-shirt bianca sono oltre. Altre cose no. Tutto qua.

giovedì 10 settembre 2009

Giovedì trippa

Quest'oggi un mio tale collega, non certo celebre per la sua magnaninità, per dire uno che si fa offrire il micidiale caffè decaffeinato della macchinetta solo per farti spendere 10 centesimi in più, perversione a cui neanch'io sono ancora arrivato, ebbene costui quest'oggi mi ha omaggiato di un abbondante piatto di succulenta trippa al pomodoro. Non mi illudo certo che tale atto, peraltro dettato dall'assenza di alternative maggiormente vantaggiose per l'offerente, possa segnare l'inizio di una nuova era di generosa elargizione di vettovaglie varie da parte del soggetto in questione, ma d'altronde ora come ora mi sento quanto meno tenuto a rendere omaggio al suddetto collega dedicandogli questo post. Che non è niente di che, lo so, i post degni di questo nome forse un giorno torneranno, forse tornerò in vena (se mai ci sono stato), per ora è così, per ora grazie della trippa.

martedì 1 settembre 2009

Minzione impossibile

Rare sono le occasioni della vita nelle quali mi compiaccio del mio essere non solo umanamente ma soprattutto fisiognomicamente uomo in misura superiore a quanto non mi accada allorché, a bordo di un convoglio ferroviario in movimento, vengo colto dalla necessità impellente di espellere qualche decilitro di urina. E già perché, con tutto il bene che posso volere alla Direzione Passeggeri Regionale di Trenitalia e al materiale rotabile in suo possesso, e benché non mi si possa certo etichettare come maniaco dell'igiene assoluta e della disinfezione brutale, non posso esimermi dal rilevare come nella quasi totalità dei casi i cessi dei treni facciano obiettivamente schifo. E da quel poco che ho sentito raccontare, negli anni, in merito all'anatomia urinaria femminile, quando mio malgrado entro nel cesso di un treno e davanti allo specchio [grande] mi paro gli occhi con le dita a immaginarmi tra le gambe una minuscola fica (citazione, vostro onore), effettivamente non fatico a credere che le difficoltà connesse all'operazione, in quel caso, aumenterebbero notevolissimamente. Ma credetemi, signore: anche per un maschietto non è né facile né piacevole, il treno ondeggia, lo spazio è ristretto, le superfici sporgenti abbondano, e le molteplici microscopiche forme di vita a cui tali superfici offrono ospitalità non sono, con tutto il rispetto, tra le mie preferite. Per di più, in genere l'operazione da compiere è anche piuttosto urgente e la fretta, si sa, in questi casi non aiuta neanche un po'.
Eppure è un peccato.
E sì perché pisciare in treno, di per sé, sarebbe anche piacevole, addirittura divertente. In particolar modo quando dal buco del cesso si vede sotto. Si vedono sfilare via veloci le traversine e i sassi, mentre la rotaia resta lì, in movimento ma tanto veloce e uniforme da sembrare immobile, sempre diversa e sempre uguale, fissa, salda: e tu puoi puntarla, mirare, e provare a seguirla col getto, con la miglior precisione possibile stanti le circostanze. Finché arriva lo scambio, un'altra rotaia nasce e subito si fa di lato, e tu, tra lo sballottamento generale, anche non volendo riesci a colpirle entrambe. Affondate. E ti senti quasi un novello Pollicino allo stato liquido, che marca con una traccia continua e personalizzata il percorso che sta compiendo: il sogno di ogni cane, credo.
E invece, dovendo prestare la necessaria attenzione ad evitare ogni interazione indesiderata con l'ambiente circostante, la pura semplice naturale gioia della pisciata in treno ci è irrimediabilmente preclusa. Se solo c'è un barlume di possibilità di riuscirci, conviene cercare di resistere fino all'arrivo, potendo così sperare di imbattersi, in stazione, in una ritirata panoramica di questa guisa:

A trovarne.