sabato 30 ottobre 2010

TravelJohn e i suoi fratelli

Non ci ho mai comprato niente, ma loro molto gentilmente continuano a mandarmi il catalogo. Si dicono sempre stupiti e rammaricati della mia riluttanza ad effettuare ordini presso di loro, minacciano ogni volta di sospendere gli invii se neppure stavolta riceveranno mie notizie, ma il loro, come diceva quello, è sempre un penultimatum. E infatti anche stavolta, dopo avermi tenuto sulle spine per qualche mese, si sono inteneriti e mi hanno fatto dono di una copia dell'ultimo numero. E hanno fatto cosa gradita. In effetti vendono oggetti, ma più che altro concetti, molto vicini alle soglie del genio, quando non oltre.
Per dire, nell'ultimo catalogo si parte forte già dalla copertina, con uno "sbrinatore programmabile per auto". Lo appoggi sul cruscotto, lo colleghi all'accendisigari, imposti il timer, e quando sali in macchina ti trovi il parabrezza perfettamente sbrinato. L'obiezione più ovvia l'hanno naturalmente prevista, per chi li avete presi? "Anche se collegato alla batteria della vettura non ne compromette in alcun modo il funzionamento, garantendoti sempre l'accensione del veicolo". Non hai scuse.
Poi giri pagina e ti trovi l'orologio da polso (analogico) che è anche un cellulare, e certo, a questo ci avevano pensato in tanti, ma lì ce lo trovi, e al modico prezzo di 99 euro. Neanche una parola sulla qualità dell'audio o della ricezione, ma uno che gira per strada parlando a un orologio con le lancette di certi dettagli non se ne cura di certo.
Andando avanti si trovano: la microtelecamera a forma di portachiavi per auto (non la compro solo perché il tentativo di aprire una Panda mediante telecomando desterebbe sospetti, specie in uno spogliatoio femminile), il salvadanaio che separa automaticamente le monete in base al valore e visualizza il totale in euro, un aggeggio che inserito in una normale presa elettrica promette di "rendere fluido il percorso degli elettroni, generando così risparmio di energia" (di sicuro, per pareggiare i 119,99 euro che costa, quell'aggeggio di elettroni ne deve lubrificare parecchi, ma sono sicuro che ne è pienamente in grado), e siamo solo a pagina 10.
Procedendo rapidamente oltre si incontrano nell'ordine: un camino elettrico con finto fuoco (c'è crisi, si sa), un "portaciabatte con 5 paia di ciabattine per i tuoi ospiti" (che ne saranno entusiasti), una sciarpa con tasche, una coperta con maniche, un cuscino sollevaculo per guidare il SUV anche se sei alto uno e venti, un "guanto raschiaghiaccio impermeabile ed imbottito", un ventilatore per eliminare vapore e condensa dal parabrezza (effetto déjà vu, sì, ma è un altro), una borsa da mettere dentro alla borsa in modo da poter cambiare borsa in un lampo, un "cavatappi elettronico ricaricabile" (aggiungerei "multimediale", nel dubbio), uno "schiaccianoci rivoluzionario" (perché, si sa, l'uomo deve forgiare giorno per giorno il suo spirito rivoluzionario), coltelli con lama in ceramica che non assorbe l'odore dei cibi e, a occhio, è anche invisibile al metal detector (vi ho dato un'idea, vero?), un portabanana in plastica con parte centrale pieghevole in modo da seguire la naturale curvatura propria del frutto, una libreria pieghevole per ostentare cultura qualora si dovessero ricevere ospiti di riguardo e riporla dietro la porta quando se ne vanno, prolunghe per bottoni di pantaloni (fondamentali sotto Natale, le infili e hai ancora 2 taglie di libertà), mollette che non cadono perché legate al filo dei panni, una pattumiera che si apre da sola quando avvicini la mano (con 89,99 euro ci si paga un cinese che te la apre, ma forse è proprio così che funziona), e qui ci si ferma.
E sì, perché proprio quando si pensava di aver visto tutto si incappa in lui: "TravelJohn - WC portatile". È una confezione da 3 sacchetti contenenti "una sostanza che trasforma in gel, in pochi secondi, i liquidi organici di qualunque origine" (comprese quelle sottintese). Cito ancora: "Può essere riutilizzato più volte e alla fine gettato in un contenitore dei rifiuti". La seconda parte della frase mi pare abbastanza ovvia (cosa non può essere gettato in un contenitore dei rifiuti?), ma vorrei soffermarmi un attimo sulla prima, e sul tipico scenario operativo a cui un prodotto del genere sembra destinato: sei nel bosco e ti scappa. Ti acquatti dietro un albero e ti liberi in libertà, come ogni altro abitante della foresta? No. La fai in un comunissimo sacchetto di plastica, e poi appena possibile butti contenitore e contenuto? No. Devi farla in quel sacchetto lì, farla diventare un gel, riporre il tutto nello zaino e proseguire la tua salutare camminata fino al successivo utilizzo. Pratico, no?
E allora, confortati, andiamo avanti. Perché sparsi tra pleonastiche precisazioni sugli oggetti mostrati in fotografia ma non compresi nel prezzo (sotto la custodia in similpelle per iPhone da €7.99: "iPhone non incluso". Peccato), intercalati con decine di contenitori, organizzatori, ripiani, ganci, supporti, cestelli, carrelli di ogni forma e dimensione utili a sfruttare ogni singolo millimetro cubo dello spazio disponibile in un universo finito, ci sono ancora molti oggetti assolutamente ragguardevoli. Tipo un sostituto elettronico della buona vecchia paletta per pavimenti (tu, stufo dei comuni aspirapolvere, per mezzo di una normale scopa gli presenti davanti il risultato delle tue fatiche, e lui te lo aspira), tipo un utensile di "3,2 x 0,5 x 4,7 cm" che "racchiude in sé 19 utilissimi attrezzi da lavoro", tipo la "penna utensile 11 in 1" (che sommati ai precedenti fanno 30 tondi), tipo "la penna intelligente che permette di convertire le tue note scritte a mano in digitale e trasformarle in documenti di testo" (funzionasse...), tipo il grembiule raccogli capelli per acconciature casalinghe ordinate, tipo, addirittura, il raschietto che toglie i peli di cane dai cuscini, "premiato al Salone delle Invenzioni di Norimberga". Mica cazzi.
Via, farò un ordine. O anche no.

venerdì 22 ottobre 2010

Welcome on board

Sono soddisfatto. Stasera, per la prima volta, ho visto fare una multa su un treno. Una multa vera, intendo. Anzi, di più: due multe in un colpo solo. Ottanta eurini tondi tondi che, dalle tasche di due profittatori sprovvisti di valido titolo di viaggio regolarmente convalidato mediante l'apposita obliteratrice prima della salita a bordo, vanno a rimpinguare le fameliche casse delle nostre care Ferrovie. Perché di treni - lo sapete - ne ho presi, e neanche pochi, e di gente sprovvista di valido titolo di viaggio eccetera ne ho vista, ma di multe così, finora, neanche l'ombra. Al massimo ho visto chiedere i 5 euro di regolarizzazione a bordo, ho visto cercare di convincere a scendere alla stazione successiva o poco di più; solo che, capite, quei due di oggi erano giapponesi. E i giapponesi, si sa, son personcine precise, disciplinate, ligie al dovere, e benestanti. E quindi è giusto che paghino. Gli italiani sono brava gente, in fondo tra loro sono tutti amici, ci si vuol bene, ci si viene incontro, la prossima volta lo faccia il biglietto mi raccomando, sì sì non si preoccupi dotto', scusasse assai, e chi ha avuto ha avuto. Gli africani hanno il grosso difetto di essere grossi, quindi il controllore, che non è né fesso né eroe bensì controllore, o passa oltre con indifferenza o al più ordina con voce stentorea di scendere e poi passa comunque oltre. C'è poi da dire che chiedere 40 euro agli extracomunitari, in genere, oltre che rischioso è inutile. Chiedere i documenti, non ne parliamo. Quindi conviene limitare le pretese e tentare di mettere in cascina almeno quelli del biglietto non fatto. I giapponesi sono una felice eccezione. Sono piccolini, tranquilli, timidi, obbedienti, ignorano usi e costumi locali (compresi, fortunatamente, l'obbligo di obliterare e l'abitudine di affermare senza vergogna che tutte le obliteratrici del mondo erano guaste), pagano senza fare storie: avercene. E bene ha fatto il nostro amico a spremergli quegli 80 euro. Forti coi deboli, e avanti. Certo, il suo meticoloso rigore non è stato applicato con altrettanto zelo al rispetto della tabella di marcia, sicché ho perso la coincidenza. Però la giustizia ha trionfato, per una volta. Sì, sono soddisfatto. Quasi.

domenica 17 ottobre 2010

Post doppiozero

Detta così forse può anche sembrare una cazzata, e probabilmente la è per davvero. D'altronde non sarebbe la prima, e spero neanche l'ultima. Ma tant'è. Prendete il pane. Un pezzo di pane qualunque. Pane comune. Ecco. Uno dice pane e pensa alla roba più semplice del mondo. E in effetti non è complicatissimo, come concetto almeno. Farina, acqua, lievito, se possibile un pizzico di sale, e basta. Fondamentalmente, farina.
Già. La farina.
Ma la farina in natura non esiste mica, sapete. Non è che si trovano le piante di farina, in natura. Eh no. E questo vuol dire che qualcuno ha dovuto inventarla, la farina, e capire a cosa serve, che non è mica facile. Vuol dire che qualcuno un bel giorno tanto tanto tempo fa si è trovato di fronte a un campo di grano maturo, e probabilmente costui aveva anche fame, ché erano altri tempi, quelli; e però il nostro eroe ha resistito all'umana tentazione di sgranocchiarsi il grano così com'era, e anche a quella di bollirlo, condirlo sommariamente e inghiottirlo a cucchiaiate. No, questo nostro ignoto antenato ha raccolto quel grano e l'ha lasciato seccare, tra lo scetticismo degli altri affamati componenti della sua tribù. Poi l'ha tritato, ricavandone una polvere biancastra assai poco invitante, circondato con ogni probabilità dagli insulti di tutta la tribù di cui sopra, che si vedeva privata di una fonte di cibo certa in cambio di una strana polverina buona neanche da sniffare. Poi gli è venuto in mente di aggiungere acqua e mescolare, ed è venuta fuori una poltiglia inguardabile, appiccicaticcia, schifosa, e gli insulti si sono trasformati in schiaffoni. Poi, ormai considerato all'unanimità un malato di mente, quella poltiglia l'ha infilata nel forno così com'era, senza lievito, e gli è venuto un mattone bruciacchiato dalla consistenza granitica col quale è stato pesantemente percosso. Infine, a un passo dall'essere impalato sulla pubblica piazza, chissà come gli è venuta l'illuminazione, ha aggiunto il lievito (ma dove l'avrà trovato? cioè: se non esisteva il pane a cosa serviva il lievito? boh) e gli è venuta una roba buona come il pane, e così ha iniziato a venderlo e si vendeva come il pane, e gli è andata bene. Diciamo pane al pane: avrà fatto i soldi, ma se li è meritati. Ha trovato pane per i propri denti, partiva svantaggiato non potendo neanche mangiare pane e volpe, eppure ha reso pan per focaccia ai suoi detrattori sfornando un'invenzione mica da poco.
Onore a questo tizio qua.
Nella prossima puntata: il vino. (ovvero: prendere l'uva, che è buona e fa bene, e pestarla coi piedi; poi prendere il succo d'uva, che non è malaccio e non fa male, e lasciarlo lì a macerare; eccetera)

sabato 9 ottobre 2010

Gekkonidae

Tanto ormai lo sapete quasi tutti, quindi la faccio breve: sabato scorso mi hanno regalato un geco. Un geco morto. Morto accidentalmente. Non di vecchiaia ma nemmeno di morte violenta. Insomma, per chi non ne fosse a conoscenza, pare che qualche mese fa, all'inizio dell'estate, fosse stato avvistato questo famoso geco, del quale poi si erano perse le tracce, finché appunto sabato scorso, durante lo spostamento di alcuni libri, è spuntato fuori di nuovo. Non è dato sapere se sia rimasto spiaccicato tra due libri, o tra un libro e il muro, o se sia morto di stenti; in ogni caso è morto male e prematuramente, povera bestiola, ma ormai è andata, c'è poco da fare, almeno per me. Quello che potevo fare e che ho fatto, però, è fargli qualche foto. Ve ne proporrei quindi una selezione. Se cliccate su una foto, quella si allarga (se no, no).

Proporzioni

Primo piano

Profilo

Posteriore

Lato B

CD 1

CD 2
  
Metro
  
Vabbé...