venerdì 28 maggio 2010

Quelli che il treno - VI

Quelli che a un certo momento del viaggio estraggono dalla borsa un flacone di quel famoso gel igienizzante, sterminatore di batteri di ogni ordine e grado, nemico giurato di qualunque forma di vita visibile e invisibile, insomma avete capito, proprio quello. Lo estraggono fieri e se ne versano in mano un'abbondante quantità, e poi se lo sfregano tra le mani compiacendosi del loro immacolato lindore, guardando con sprezzante sufficienza e una buona dose di ribrezzo te che nel seggiolino di fianco consenti a intere colonie batteriche (ohibò) di proliferare indisturbate sulle tue sudice manacce; e continuano a spalmare mentre quella puzza di igiene-senza-se-e-senza-ma si spande per la carrozza raggiungendoti insieme al pensiero che sì, per forza, prima o poi dovrà venir fuori che, spalma oggi spalma domani, quel portentoso gel sterilizzatore non stermina solo gli incolpevoli batteri ma anche le mani dell'utente e magari non solo quelle ma l'utente tutto, perché se ti fermi un attimo a pensarci è logico che spalmarsi addosso una sostanza così letale senza minimamente risciacquare ma anzi facendola assorbire ben bene non può che far male. Ma perché fermarsi? Perché pensarci? Non è ancora venuto fuori ufficialmente, no? E quindi avanti, possono ancora fregarsene le mani e non solo quelle. Contenti loro.

mercoledì 26 maggio 2010

Quelli che il treno - V

Quelli che appena per un qualunque motivo il treno si ferma cinque minuti in una stazione iniziano a dire che quel treno lì è sempre in ritardo e che i treni sono sempre in ritardo e non si fanno scappare l'occasione di raccontare ad alta voce tutti gli aneddoti che li hanno visti protagonisti o dei quali siano anche solo lontanamente a conoscenza che riguardano un treno in ritardo o presunto tale, ma proprio tutti tutti; e quelli che gli danno retta.

lunedì 24 maggio 2010

Quelli che il treno - IV

Quelli alti un metro e un cazzo che si siedono di fronte a te e si piazzano la valigia in mezzo ai piedi. Certo, la piazzano in mezzo ai loro piedi, mica ai tuoi. Peccato però che in realtà, vista la conformazione tipica dei seggiolini del treno, uno di fronte all'altro, quello spazio lì sarebbe proprio quello dove teoricamente ci sarebbe lo spazio per i tuoi piedi. Teoricamente. Ma tanto loro stanno comodi così, cazzi tuoi se riesci a toccare terra anche da seduto, così impari.

sabato 22 maggio 2010

Quelli che il treno - III

Quelli che si impossessano di tutto il bracciolo tra i due sedili, ma tutto, proprio il 100%, appoggiandovi con leonardesca precisione anatomica tutto l'avambraccio, ma tutto, proprio il 100%, fino al polso, e magari, giusto per sicurezza, fanno sporgere anche un po' il gomito dalla tua parte, che è meglio stare tranquilli, di questi tempi.

giovedì 20 maggio 2010

Quelli che il treno - II

Quelli che appoggiano i piedi sul sedile davanti al loro, e li appoggiano di piatto, con tutta la pianta, e per questo si sentono dei grandi, dei giusti, dei duri, degli anticonformisti, dei ribelli, degli eroi, e se ne sentono in diritto perché intanto, si sa, il treno fa schifo, e non li sfiora l'idea che forse fa schifo anche per colpa di quelli come loro, e comunque mai quanto loro.

martedì 18 maggio 2010

Quelli che il treno - I

Quelli che in un soleggiato pomeriggio di primavera se ne stanno seduti con apparente tranquillità da tutt'altra parte della carrozza ma in realtà ti stanno tenendo d'occhio, pensano solo a quello, non aspettano altro che quell'attimo, e infatti appena fai tanto di aprire di due dita il finestrino scattano in piedi ordinandoti gentilmente di sigillarlo a dovere, perché sta scritto: un finestrino chiuso ha maggior ragione di esistere rispetto a un finestrino aperto. Il diritto di chiudere prevale sempre sul diritto di aprire. Cosi è la vita, caro mio.

lunedì 10 maggio 2010

Storia di un buco

Prima lì non c'era niente. O forse qualcosa c'era, ma intanto anche se c'era non si sa cosa fosse: quindi niente. Poi un bel giorno (beh, bello... di sicuro non pioveva, però non c'era neanche il sole, proprio in senso letterale) per un qualche motivo successe che pum!, e nacquero gli atomi e le molecole e le nebulose e le galassie e le stelle e i pianeti, tra cui questo qua che potete ammirare proprio sotto di voi. E anche lì all'inizio non è che ci fosse granché, era tutto molto semplice, c'era un blocco di terra e un blocco d'acqua; ma poi si sa come vanno queste cose, la terra si spaccò, di qua si sollevò, di là s'inabissò, l'acqua ci entrò in mezzo, nel frattempo per qualche strana alchimia quella che chiamiamo vita nacque e si sviluppò nelle forme che conosciamo e in molte altre, e così, per farla breve, si arrivò ai giorni nostri.
Tutto questo preambolo per dire che prima in quel posto lì non c'era niente, ma proprio niente niente, neanche quel posto lì. Poi ci venne un atomo di elio, poi finalmente un pianeta, sì, ma magari c'era il mare. Poi il fondale marino si sollevò. Poi un qualche albero, o felce o muschio o lichene o chissà cosa, cominciò a mettere radici proprio lì, proprio in quel punto. E dopo che lui fu morto ne arrivò un altro, e poi un altro e un altro ancora, e fu sera e fu mattina, per anni e anni. Solo che nel frattempo era arrivato anche l'uomo. E un giorno l'albero e l'uomo si trovarono uno di fronte all'altro. L'uomo a dire che quel pezzetto di terra era suo da qui a lì e di un altro da lì a là, ma comunque di un altro uomo. L'albero che, ignorando l'equivalenza tra proprietà e furto, se ne stava tranquillamente lì, ma proprio . Al confine tra due pezzettini di mondo appartenenti a due uomini diversi. Uno dei quali, per sancire e concretizzare il suo arbitrario diritto di proprietà, ebbe l'idea antica ma efficace di costruire un muro. Ma lì dove passava il confine, e dove doveva passare il muro, lì c'era l'albero. E quindi l'uomo, volendo preservare la vita dell'albero senza per questo regalare al vicino un solo centimetro quadrato di pianeta, tirò su il muro in modo tale che l'albero ci passasse in mezzo. Nel muro creò un'apertura dal diametro un poco superiore a quello dell'albero, circondandolo senza stringere, che stringere un albero con conviene a nessuno, si sa. Poi però, come tutte le cose che vivono, quell'albero è morto. Il muro invece non viveva, e quindi non è morto. E così...

E così, quando il tronco di quell'albero sarà marcito e si sarà decomposto del tutto, probabilmente il muro sarà ancora lì. Col suo buco, che a quel punto sarà del tutto inutile e renderà quasi altrettanto inutile il muro nel suo complesso. Ché un muro con un buco che muro è? E le genti che passeranno (o bella ciao ecc.) vedranno quel muro con quel buco vuoto, del quale non comprenderanno la ragione. E non capendo, anziché ringraziare il saggio costruttore del muro, che l'ha progettato e realizzato in modo da non compromettere l'esistenza di quell'innocente albero, scherniranno quel cretino di un costruttore di muri bucati.
Morale: costruite muri pieni e fottetevene degli alberi. L'umanità si merita questo.