martedì 6 marzo 2012

Sempre cara mi fu


Lungo l'autostrada che passa da queste parti stanno facendo dei lavori. Stanno lavorando per noi, come dicono loro. E che cosa stanno facendo? Stanno cambiando il guard rail centrale, quello che separa le due carreggiate. Stanno togliendo quello vecchio, piccolo, squadrato, opaco, polveroso, a tratti un po' arrugginito, che faceva molto anni 70, e ne stanno mettendo uno nuovo fiammante, più alto, più robusto, formato da due sezioni, una in basso e una in alto, una per le auto e una per i camion, entrambe d'acciaio bello nuovo, zincato di fresco, lucido che ti ci puoi specchiare, pulito che ti ci puoi cuocere una lunghissima salsiccia in ogni sezione per un totale di 2, una meraviglia, detta così; e però.
Però questo nuovo guard rail è un pezzo unico, cioè, è composto da una fila unica di pali, piantati nell'asfalto, ai quali sono attaccate le due lastre d'acciaio piegate, una di qua e una di là. Quello vecchio invece in realtà erano due, indipendenti, uno rivolto verso la carreggiata est e uno rivolto verso la carreggiata ovest; e tra l'uno e l'altro, e vengo al punto, c'era la siepe.
Ecco. Quella siepe m'ha sempre affascinato, fin dai viaggi della più tenera età, quando la guardavo scorrere velocissima dal finestrino dietro (ché visto di lato il mondo va più veloce, com'è noto). Non so da che specie botaniche fosse costituita, coi nomi delle piante me la son sempre cavata male e mi è sempre dispiaciuto, ché chiamare un albero "albero" credo gli tolga qualcosa, ma su questo casomai ci scriverò un altro post, prima o poi, o anche no, non importa; il punto è che quelle erano piante, era vita, per quanto radicalmente antropizzata era comunque natura, che si manifestava in un luogo tra i meno naturali che si possano immaginare, uno stretto e lungo corridoio incastrato tra due pareti d'acciaio oltre le quali si estendono metri e metri di manto bituminoso.
Quelle piante stavano lì senza nessuna cura, strette in una striscia di terra larga quanto un rotolo di carta igienica, immerse in un'atmosfera densa di gas di scarico, sfrondate senza riguardo ogni volta che osavano protendere qualche ramo oltre i limiti di sagoma che gli erano stati imposti a loro insaputa: eppure resistevano. Regalando ai nostri assetati motori qualche molecola di comburente, che non fa mai male, e soprattutto simboleggiando la sovrumana potenza della natura, e magari rappresentando così un monito per gli automobilisti che, chiusi nei loro rombanti involucri ammortizzati e climatizzati, credessero di averla totalmente sottomessa - a quelli che ci facevano caso, per lo meno, che a occhio non erano poi moltissimi.
In ogni caso, appunto, la questione sta per essere risolta definitivamente col disboscamento totale di quella minuscola fettina di verde tra il grigio del metallo e il nero del bitume. Non è una cosa bella, a mio avviso. Stavo per prendermela con la concessionaria autostradale responsabile della micro-deforestazione in atto, quando ho scoperto che quei signori, i padroni di quell'autostrada lì, sono stati capaci addirittura di peggio. Ovvero di questo. Sentitelo, ve ne prego. E poi ditemi, al confronto di una mostruosità simile, cosa saranno mai due piantacce in meno...

2 commenti:

Bongio ha detto...

Oh noooooooo!! Questa canzone non se ne andrà più, come l'odore di fritto nei vestiti...

SAALT aa aaah!
Per lavoro sport e vacanza
SAALT aa aaah!
Per lavoro sport e vacanza
Seeeeeeee!!!!

Unknown ha detto...

Non ci posso credere....anche la canzocncina ci hanno fatto...!!
Diventera' il tormentone dell'estate!!!
Quasi quasi la scarico e la metto nella playlist dei preferiti!!!