mercoledì 1 settembre 2010

Cose che noi umani

Giusto ieri una che lavora lì dove lavoro io (non farò nomi né ruoli, mi limiterò a dire che uno dei due comincia per R) si è comprata un costume. Oramai la stagione balneare volge al termine, e quindi sui costumi si applicano forti sconti. E infatti lei quel costume l'ha pagato la miseria di 4 euro e 95. Ha fatto un buon affare, non c'è che dire. Ma, credetemi, un affare ancora migliore l'ha fatto il costume.
Nascere costume significa già di per sé partire avvantaggiati: rispetto a tua cugina mutanda sai già che, ferme restando le rimanenti condizioni al contorno, potrai crogiolarti al sole, tuffarti nelle fresche acque cristalline prospicienti qualche spiaggia a spiccata vocazione turistica, e via discorrendo. E poi chi nasce costume, durante le lunghe attese in freddi magazzini di periferia o stipato in scaffali di negozi alla moda con troppa luce e musica di sottofondo artificiale quanto l'illuminazione, chi nasce costume, dicevo, può ragionevolmente coltivare la speranza di venir assegnato da una sorte cieca e immobile a un qualche gradevole esemplare del genere femminile della razza umana, stando a stretto contatto con aree assai ambite e per questo, sin dai bei vecchi tempi del Paradiso terrestre, salvaguardate con cautela mediante oggetti di varia foggia e materia, ritenuti, per qualche ragione, inanimati. Oggetti che invece, forse, hanno anche loro i loro pensieri, le loro speranze, le loro piccole grandi aspirazioni a una vita felice compatibilmente con la loro natura: come tutti.
Per dire: chi nasce supposta, o clistere (come non citare a tal proposito quel celebre film di quel mio occasionale commentatore), sa già che il suo destino, bene o male, sarà quello, e quindi si mette l'anima in pace e prova a non pensarci, magari fingendo di credere a qualche promessa di fantomatiche vite ultraterrene. Chi nasce motorino, invece, fermo sotto il sole a picco di un torrido piazzale d'asfalto può sognare di venir cavalcato da qualche leggiadra fanciulla in fiore, soda, leggera, levigata e delicata, accompagnandola veloce verso i suoi primi incontri del terzo tipo. Poi magari invece gli capita un vecchio contadino grasso e sudato che se ne serve per camallare platò di patate e cavagni di fagioli dall'occhio su per Montedarmolo, e lì c'è poco da fare; ma intanto ha sognato. Allo stesso modo, quel costume poteva essere acquistato da una vecchia che si credeva giovane o da una giovane che si credeva donna, e anche lì c'era poco da fare. Chissà quanti brividi avrà provato, quel costume, dall'inizio della stagione: brividi di speranza e brividi di terrore, a seconda delle mani che di volta in volta lo prelevavano dallo scaffale per misurarselo e poi riporlo nuovamente. Finché, ieri, le sue tribolazioni si sono concluse, e in uno dei migliori modi umanamente auspicabili. Certo, dovrà faticare non poco, quel costume. Dovrà riuscire a contenere non poco materiale di non poco pregio. Ma tutto sommato, da quel poco che ne posso sapere io, sono convinto che ne varrà abbondantemente la pena.

3 commenti:

Bongio ha detto...

Ahahah!! Che idolo, il Gilo! A quanto vedo, le vacanze ti hanno fatto bene. Lo trovo un ottimo post, molto divertente e saggiamente ironico. Oserei addirittura quasi sbilanciarmi in un plauso per quella "giovane che si credeva donna", è robetta che per me è tanta. Proprio come quella lì di cui si sta parlando (che io, vabbeh, non ho visto, ma che quasi quasi ti credo in parola).

avvelenato ha detto...

Ma come roba di allegare una foto a riprova..?

un'amica o pseudo tale ha detto...

Gilardiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii