Cose che noi umani
Giusto ieri una che lavora lì dove lavoro io (non farò nomi né ruoli, mi limiterò a dire che uno dei due comincia per R) si è comprata un costume. Oramai la stagione balneare volge al termine, e quindi sui costumi si applicano forti sconti. E infatti lei quel costume l'ha pagato la miseria di 4 euro e 95. Ha fatto un buon affare, non c'è che dire. Ma, credetemi, un affare ancora migliore l'ha fatto il costume.
Nascere costume significa già di per sé partire avvantaggiati: rispetto a tua cugina mutanda sai già che, ferme restando le rimanenti condizioni al contorno, potrai crogiolarti al sole, tuffarti nelle fresche acque cristalline prospicienti qualche spiaggia a spiccata vocazione turistica, e via discorrendo. E poi chi nasce costume, durante le lunghe attese in freddi magazzini di periferia o stipato in scaffali di negozi alla moda con troppa luce e musica di sottofondo artificiale quanto l'illuminazione, chi nasce costume, dicevo, può ragionevolmente coltivare la speranza di venir assegnato da una sorte cieca e immobile a un qualche gradevole esemplare del genere femminile della razza umana, stando a stretto contatto con aree assai ambite e per questo, sin dai bei vecchi tempi del Paradiso terrestre, salvaguardate con cautela mediante oggetti di varia foggia e materia, ritenuti, per qualche ragione, inanimati. Oggetti che invece, forse, hanno anche loro i loro pensieri, le loro speranze, le loro piccole grandi aspirazioni a una vita felice compatibilmente con la loro natura: come tutti.
Per dire: chi nasce supposta, o clistere (come non citare a tal proposito quel celebre film di quel mio occasionale commentatore), sa già che il suo destino, bene o male, sarà quello, e quindi si mette l'anima in pace e prova a non pensarci, magari fingendo di credere a qualche promessa di fantomatiche vite ultraterrene. Chi nasce motorino, invece, fermo sotto il sole a picco di un torrido piazzale d'asfalto può sognare di venir cavalcato da qualche leggiadra fanciulla in fiore, soda, leggera, levigata e delicata, accompagnandola veloce verso i suoi primi incontri del terzo tipo. Poi magari invece gli capita un vecchio contadino grasso e sudato che se ne serve per camallare platò di patate e cavagni di fagioli dall'occhio su per Montedarmolo, e lì c'è poco da fare; ma intanto ha sognato. Allo stesso modo, quel costume poteva essere acquistato da una vecchia che si credeva giovane o da una giovane che si credeva donna, e anche lì c'era poco da fare. Chissà quanti brividi avrà provato, quel costume, dall'inizio della stagione: brividi di speranza e brividi di terrore, a seconda delle mani che di volta in volta lo prelevavano dallo scaffale per misurarselo e poi riporlo nuovamente. Finché, ieri, le sue tribolazioni si sono concluse, e in uno dei migliori modi umanamente auspicabili. Certo, dovrà faticare non poco, quel costume. Dovrà riuscire a contenere non poco materiale di non poco pregio. Ma tutto sommato, da quel poco che ne posso sapere io, sono convinto che ne varrà abbondantemente la pena.
3 commenti:
Ahahah!! Che idolo, il Gilo! A quanto vedo, le vacanze ti hanno fatto bene. Lo trovo un ottimo post, molto divertente e saggiamente ironico. Oserei addirittura quasi sbilanciarmi in un plauso per quella "giovane che si credeva donna", è robetta che per me è tanta. Proprio come quella lì di cui si sta parlando (che io, vabbeh, non ho visto, ma che quasi quasi ti credo in parola).
Ma come roba di allegare una foto a riprova..?
Gilardiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
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