venerdì 3 gennaio 2014

Non-troppo-grandi speranze

Accadde che verso la metà di marzo dell'anno appena trascorso, trovandomi lì sul marciapiede del primo binario, rimasi incuriosito da quel vaso di foggia inconsueta, e soprattutto da quella piantina così minuscola (che razza di piantina? e chi lo sa, so riconoscere a malapena un pino) e da quel sostegno così smisurato; e così li fotografai:

Pensai di scriverci sopra un post, che avrebbe necessariamente ironizzato su quella sproporzione, e sulle sproporzionata fiducia che l'ignoto pollice verde che l'aveva creata doveva aver riposto nella capacità della sua piantina di crescere sana e robusta in un ambiente ostile come può essere il marciapiede del primo binario. Titolo, naturalmente, Grandi speranze.
Poi, un po' che non avevo altro che il titolo, un po' che il blog già allora era in stato di abbandono (o non si era notato?), mi limitai a pubblicare foto e didascalia su un social network che invece, come dicono i giovani, va per la maggiore. Ricevetti 3 pollici in su e la cosa finì lì.
Finì lì finché, giusto pochi giorni or sono, mi ritrovai sullo stesso marciapiede dello stesso primo binario, nei pressi dello stesso vaso. E la rividi. Lì per lì non la riconobbi, e ne avevo le mie buone ragioni; ma poi osservai meglio e, cacchio, sì, era lei, non poteva essere che lei. Il binario era quello, il marciapiede era quello, il vaso era quello, il sostegno era quello, mica poteva essere un'altra proprio la pianta.
E fui lieto di rivederla, e di rivederla in forma così smagliante. E fui soprattutto lieto di essermi risparmiato, per una volta, dell'ironia facile e spesa male. Mi limitai dunque, dopo una superficiale riflessione sulla forza della vita che ti trascinerà con sé e via dicendo, a fare qualche passo indietro (ma senza oltrepassare la linea gialla, eh) e a fotografarla nuovamente:
Qualora venissi a conoscenza di ulteriori sviluppi, vi terrò informati. Sempre che invece non arrivi prima lei lì da voi.

sabato 20 luglio 2013

E allora sarà colpa mia...

...che non la so scoprire.

martedì 21 maggio 2013

Post socialmente utile

Giusto oggi, alla stazione, sul primo binario, appiccicato al plexiglas della bacheca con gli orari delle partenze, in un angolino, piccino piccino, ho trovato questo annuncio qua:

E, niente, mi è sembrato giusto mettervene al corrente anche voi che magari per una ragione o per l'altra ve lo eravate perso. Perché non so a voi, ma a me sinceramente mi è piaciuto, come annuncio. Non ho il piacere di conoscerlo, questo signor Filippo, ma scommetterei che è proprio una persona perbene. Uno che esterna il suo bisogno d'amore senza urlare, senza imbrattare muri o incidere panchine, senza cercare il gesto eclatante, ma che affida la sua ricerca e magari i suoi sogni a un'etichettina piccola così attaccata nell'angolo inferiore sinistro del tabellone delle partenze (mica sovrapposto all'orario del Pisa delle 7.28: lì avrebbe ottenuto maggiore visibilità, certo, ma in maniera scorretta; così non dà noia a nessuno), ebbene costui, così, di primo acchito, mi sta simpatico. Ci vedo del romanticismo, dell'eleganza, direi quasi della poesia. Potrei sbagliarmi, certo, ma credo proprio che questo tipo qua sia davvero un ragazzo serio e riservato come dice, e anche di più. E quindi, non potendo offrirgli io quello che va cercando, se non altro mi permetto di fargli un minimo di pubblicità presso lo sterminato (?) pubblico delle mie lettrici sentimentalmente libere.
E quindi, come si dice in questi casi, care amiche lettrici sentimentalmente libere, telefonate telefonate telefonate! (se vi va)

martedì 16 aprile 2013

Edizione straordinaria


Interrompiamo brevemente (ma brevemente, eh) il silenzio di questi ultimi mesi per comunicarvi quanto appreso stamattina sul treno origliando la conversazione tra la tipa seduta dall'altra parte del corridoio e i più vicini tra i suoi compagni di viaggio.
Ebbene, stando a quanto se ne è appreso questa tizia qualche giorno fa se n'è andata in vacanza col marito in un agriturismo non so dove. Appena arrivati gli hanno dato una camera sul retro, che guardava sul cortile con gli animali, appunto, da cortile. Dopo la prima notte però li hanno dovuti far spostare in un'altra stanza, e questo perché il di lei marito russava talmente forte che disturbava gli animali. Il cavallo, in particolare.
Questi i fatti. Ora le opinioni.
No, niente, mi pare evidente che si tratta di una balla: via, su, non può essere vero. E però proprio qui sta il punto. Per quale motivo mai, mi chiedevo, una rispettabile signora senza alcun apparente segno particolare dovrebbe inventarsi una storiella del genere, salire sul treno e renderne partecipi gli altri viaggiatori e i lettori dei loro blog? Quale intima perversione la può avere spinta? Boh. Gente strana. Lucchesi.

lunedì 11 febbraio 2013

mercoledì 30 gennaio 2013

Noi che


Eppure esisteva già. Posso testimoniare. Ce l'avevo anch'io. Lì, nell'armadio. Seminuovo, per giunta. Chissà quand'è stata l'ultima volta che ci ho giocato, chissà chi aveva vinto, chissà contro chi, chissà costui come l'aveva presa, chissà. E chissà chi l'aveva regalato e in quale occasione. Quello che so è che lui c'era. Con la sua bella scatola di cartone, la sua bella clessidra (!), i suoi bei dadi di legno, la sua non proprio tanto bella base di plastica arancione squillante e il suo coperchio mischiadadi abbinato, di un marroncino traslucido che ancor più del resto tradisce la sua epoca. Copyright 1979, dice il bugiardino delle istruzioni, ma anche tirando a indovinare non ci si andrebbe molto lontano. Anche perché le stesse istruzioni dicono anche, testualmente: Non inclusi: una matita e un foglio di carta che ogni giocatore potrà procurarsi in casa. Che tenerezza. Che altri tempi.
E però, per tutti gli anni che sono passati da allora, che non sono pochi, questo gioco è rimasto chiuso nella sua scatola, nell'armadio mio e di chissà quanti altri, senza che nessuno - diciamolo - gli desse mai quella gran importanza. Monopoli, Risiko, Scarabeo, altri erano i giochi che hanno fatto storia. Questo era rimasto lì, ai margini, con onestà ma senza grosse speranze di poter mai rubare la scena ai veri protagonisti.
Poi invece un bel giorno, non molto tempo fa, qualcuno, magari durante qualche trasloco, se l'è trovato per le mani, ci ha tolto alla bell'e meglio le sue due dita di polvere da sopra, e gli ha regalato, come si dice, una seconda giovinezza. Probabilmente senza crederci troppo nemmeno lui, all'inizio. E invece, chissà come, è andata che d'un tratto il mondo intero si è scoperto appassionato estimatore di un giochino che fino ad allora aveva relegato senza grosse remore in un polveroso angolino della cantina e della propria passata esistenza ludica. Tutti giù a cercar parole come se non avessero aspettato altro, come se non avessero mai smesso da quel lontano 1979, come se non se ne potesse fare a meno, come se non ci fosse un domani.
Boh. Sarà stato troppo avanti per quei tempi, quel gioco - ma a guardare quel coperchio così marroncino non sembra. Sarà che è cambiato il mezzo, e il mezzo conta. Saranno magie del social media marketing o come si chiama. Sarà stata, è molto più probabile, solo una grandissima botta di culo. Tant'è. A volte a qualcuno va così. Tutti giù a frugare negli armadi, ora.

venerdì 18 gennaio 2013

Brutte notizie

Chiude Stefan.
E mi dispiace, sinceramente. E non solo, com'è ovvio, per chi ci lavorava. Penso che perda qualcosa un po' tutta la collettività, che perda un pezzo non secondario un po' tutto il tessuto socioeconomico sarzanese. Mi stava simpatico, Stefan. Certo, ovvio, non era Gerardo, quello (quello dei tempi d'oro) resta un fenomeno unico e credo irripetibile, però anche questo, per quanto assai più simile a uno qualunque dei tanti inutili negozi che affollano le nostre varianti, spesso qualche chicca la regalava. Non tanto nel reparto vestiario, ancor meno nel settore calzature: era soprattutto la zona belinate varie a offrire di volta in volta non pochi spunti di interesse. E di conseguenza, quando capitavo da quelle parti per caso o per necessità, non di rado vi facevo volentieri tappa. In effetti, in coscienza, credo che nessuno possa affermare che non ho fatto nulla per scongiurarne la chiusura. Evidentemente quanto fatturato grazie a me non è stato sufficiente, ma resto convinto che se tutti mi avessero imitato adesso quel negozio se la passerebbe molto meglio.
Peccato.
Lo ricordo così. Anzi che niente.

domenica 6 gennaio 2013

Via,

Anche per quest'anno bene o male è andata.

Niente in confronto agli anni d'oro, però insomma, non ci si lamenta. Per un po' ce n'è.

venerdì 21 dicembre 2012

martedì 20 novembre 2012

Zaluti da Zarzana


No, io dico. Stai scrivendo un'enciclopedia. Decine di tomi. Migliaia di pagine. Milioni e milioni di parole. Un fottio di lettere. Che nel mucchio te ne scappi una sbagliata ci sta. È nella natura delle cose. Siamo umani, chi più chi meno. L'errore, uno ogni tot, è contemplato. Tra l'altro poi chissà in quanti oseranno mai compulsarla davvero, quell'enciclopedia, e quanti invece più saggiamente si limiteranno all'utilizzo di base a mo' di complemento d'arredo. E quindi, a maggior ragione.
Ma invece no. Devi scrivere una parola. Una. Tre sillabe. Sette lettere. Nessuna apparente difficoltà ortografica. Per di più sai che quella parola verrà scritta e letta per decine e decine di volte al giorno per anni e anni. Per ancora di più intorno a te svariati cartelli di dimensioni ragguardevoli contengono proprio quella parola che tu devi scrivere, proprio e solo quella. Dove ti giri ce n'è uno. Devi solo copiarla. Se poi rileggendo quello che hai scritto ti accorgi che non è corretto non c'è problema, puoi correggere, nessuno ti sgrida. È facile, dai. Concentrati. Solo un piccolo sforzo. Credici. Ce la puoi fare.

Non ce l'hai fatta.