sabato 27 marzo 2010

Insert coin

Fino a pochi mesi fa a Sarzana, nella piazza con la statua col tipo col culo di fuori, resisteva uno storico negozio di articoli sportivi. Poi quel negozio ha chiuso, e nel locale che occupava sono stati installati vari distributori automatici. In realtà non so se hanno successo, ma glielo auguro di cuore, perché offrire al turista low cost o al passante frettoloso uno snack, una bibita e un caffè per pochi spiccioli e in pochi secondi costituisce un'attività encomiabile, nonché una delle poche che mancavano nella nostra città. Solo che forse questi di Sarzana si sono fatti prendere un po' la mano. Quella che segue, e che se ci cliccate sopra s'ingrandisce e se no no (fate un po' voi), è una foto scattata qualche giorno fa all'angolo superiore sinistro di uno dei distributori automatici in questione. Non è certo un capolavoro dell'arte fotografica moderna ma rende l'idea.


Nell'ordine, vi si possono identificare i seguenti prodotti:
  • Una chiavetta, altrimenti detta chiavina o pennina o pen drive o flash drive o periferica di archiviazione di massa USB (in esperanto, poŝmemorilo) da 8 GB;
  • Pacchetti di pseudopatatine;
  • Pacchetti di pseudocaramelle;
  • Chiavette, altrimenti dette come sopra, da 1 GB.
Ora, uno che è in giro per la strada può sentire un certo languorino e quindi comprarsi un pacchetto di patatine o simili (ma a proposito, come si chiamano quei cosi lì?), è normale. D'altra parte, chi abbia voglia di qualcosa di dolce ma sia particolarmente attento a non introdurre nella propria sana dieta un'eccessiva quantità di zuccheri può mangiarsi un pacchetto di caramelle dolcificate con sostanze presunte cancerogene e di certo lassative: perfettamente normale anche questo. Ma perché mai quel tale, mentre passeggia per il centro storico di Sarzana, dovrebbe sentire il bisogno di acquistare una chiavetta, e dovrebbe sentirlo così impellente da acquistarla in un distributore automatico? E per di più, transeat (come direbbe il mio responsabile tecnico preferito) per la chiavetta da 1 GB, quella in basso a destra, antiquata quanto si vuole ma se non altro impacchettata regolarmente; ma quell'altra? A parte che per comprarla in un distributore automatico bisogna avere in tasca 3 etti di monetine e la certezza che il meccanismo di espulsione del prodotto scelto non s'incepperà sul più bello; a parte questo, perché? Sia chiaro, lungi da me mettere in dubbio l'onesta del venditore o la regolarità della compravendita: la capacità sarà sicuramente pari a 8 GB e non un bit in meno, e se la scritta dice NUOVA!!! sarà senz'altro NUOVA!!! con tutti e 3 i punti esclamativi, e le modalità per usufruire della garanzia qualora la chiavetta risultasse inutilizzabile saranno senz'altro descritte con dovizia di particolari in un file memorizzato nella stessa, ci mancherebbe. Tutto in ordine. Ma perché?

sabato 20 marzo 2010

orteidni'llA

No, io no, io non sono di quelli; però ci sono anche loro, e bisogna tenerne conto. Gente strana, ma che in fondo non reca alcun danno alla collettività, anzi, forse le porta anche qualche leggero vantaggio.
Quelli che in treno si siedono all'indietro. Ovvero nella direzione opposta a quella di marcia.
Naturalmente non parlo dei treni coi posti prenotati, né dei casi in cui si è costretti a sedersi all'indietro da cause di forza maggiore: i seggiolini rivolti nella direzione giusta possono essere occupati, o sudici, o sfondati; oppure ci può essere qualcuna/o che vale la pena ammirare seduta/o nell'altro senso dall'altra parte del corridoio. Oppure si può essere in compagnia, uno si gira da una parte e uno dall'altra, è normale. No, parlo dei casi in cui sedersi in una direzione o nell'altra non comporta alcuna differenza che non sia, appunto, la direzione. Normalmente le persone tendono a sedersi nella direzione verso cui viaggia il treno, alcuni adducendo addirittura motivazioni gastrointestinali assai poco plausibili specie su linee prive di qualsivoglia curva percettibile dall'apparato sensoriale umano più sviluppato, ma ci sono le eccezioni.
Chissà perché lo fanno.
Forse è una questione psicologica, preferiscono rivedere i luoghi dove sono già passati piuttosto che scoprire quelli dove passeranno. Roba tipo rimanere ancorati alle proprie radici. Romantico non poco.
O forse si sentono più sicuri, poiché in caso di scontro frontale non verrebbero sbalzati in avanti ma prenderebbero solo una craniata contro il poggiatesta. Soluzione applicabile, volendo, anche alle auto (alle moto meno), così da poter fare a meno delle cinture. Per la sicurezza questo e altro.
Oppure hanno considerato che mediamente il treno frena più bruscamente di quanto non acceleri, sicché addormentandosi seduti all'indietro si riduce il rischio di antiestetici penzolamenti cervicali in fase di frenata. Fisicamente all'avanguardia.
O magari ci sono altre ragioni ancora più profonde, chissà. Di certo se lo fanno avranno i loro buoni motivi. Che non so e non voglio sapere.
A me mi basta che mi lasciano liberi i posti buoni.

mercoledì 10 marzo 2010

Ciao Darwin

Da qualche parte abbiamo sbagliato. Non è stata colpa nostra, né mia né vostra né, per una volta, di chi è venuto immediatamente prima di noi: è andata così e amen, gli errori si fanno e si pagano. Questo errore noi (noi la razza umana, dico) l'abbiamo fatto e lo paghiamo e lo pagheremo.
Dev'essere successo pressappoco quanto segue: a un certo punto, lungo la lunga e contorta e ramificata strada dell'evoluzione, ci siamo trovati dinanzi a un bivio. L'evoluzione delle specie, si sa, è costellata di questi bivii. Una razza arriva lì e, anche se non lo sa, si biforca. Di qua asino, di là cavallo. Di qua maiale, di là cinghiale. E una volta che una razza ha imboccato una certa strada non c'è mica più verso di tornare indietro. Si va sempre avanti, fino a un nuovo bivio o fino a un qualche cul de sac (chiedere a tilacini, dodi (no, non quello dei Pooh) e dinosauri vari). E così è successo all'uomo: a un certo punto un certo grumo di geni ha deciso di mutare, e ci si è separati: di qua Neanderthal, di là Sapiens (detta a spanne), e così via. Solo che, come tutte le cose del mondo, ogni razza ha i suoi pregi e i suoi difetti. All'asino magari farebbero comodo certe caratteristiche del cavallo, o della zebra, chissà; ma non ce le ha, e pazienza, va bene anche così, nel complesso, e comunque non può farci niente, l'asino, e quindi gli conviene andarsi bene così, tenersi com'è. E lo stesso vale per noi. L'uomo in fondo funziona bene, ha i pollici opponibili, la stazione eretta, il culo sporgente, un sacco di belle cose. Però qualche dettaglietto che non va, o che potrebbe andare meglio, ce l'ha anche lui.
Ad esempio. In questi giorni fa un freddo porco. Venti artici e venti antartici (e fanno quaranta) si sono dati appuntamento proprio qua al fine di sfidare il calendario che vorrebbe fosse quasi primavera. E così uno esce di casa e ghiaccia. Ghiaccia tutto il corpo, ma soprattutto certe zone. Soprattutto quelle scoperte. E tra queste tendono a ghiacciare in particolar modo naso e orecchie. Anche guance e mento non se la passano benissimo, certo, ma il freddo lo sentono soprattutto naso e orecchie. Madre Natura, com'è noto, ha dotato un bel po' di animali di apposita pelliccia, affinché potessero difendersi da questi e ben altri freddi. Di questa utile coltre pelosa a noi è rimasta (tra l'altro) la barba. La barba però, anche a lasciarla crescere, cresce su guance e mento. Cioè in posti magari non del tutto sbagliati ma certo meno utili di altri. Pazienza, certo, ci si adegua, però già che c'era avrebbe fatto comodo anche altrove, la barba. E mi sa tanto che nel corso di milioni di anni di evoluzione a qualcuno è capitato di averla dove serve. Qualche nostro progenitore si è trovato a un bivio: di qua pollici opponibili e appendice, di là barba su naso e orecchie (per l'inverno) e chissà quali sfighe (per tutte le stagioni). Per un certo periodo magari le due specie hanno convissuto più o meno pacificamente, poi la nostra ha prevalso, per un motivo o per l'altro (o per una semplice botta di culo, come spesso accade). E così usciamo, ghiacciamo e ci teniamo come siamo.

martedì 2 marzo 2010

Vintage?

Per ragioni sulle quali non mi soffermerei neppure se vi riguardassero, l'altro giorno mi sono arrivati a casa due CD. Mi sono arrivati e ho pensato bene di sentirli, per vedere quanto meno se funzionavano. E allora ho tolto dalla borsa l'onesto lettore MP3 che uso abitualmente in viaggio e per un giorno l'ho sostituito col caro vecchio riproduttore portatile di CD, riesumato per l'occasione da lungo letargo. Riproduttore marca Autovox, modello AX-01A14, e chissà quanti modelli differenti di riproduttori portatili di CD avrà mai prodotto la Autovox per doverli identificare mediante sigle astruse quali AX-01A14. Numero di serie 000100568, ma trattasi con ogni evidenza di numero pseudocasuale.
Ad ogni modo, ho preso due pile stilo alcaline, le ho inserite rispettando la polarità (una all'insù e una all'ingiù, ché le pile vanno in serie, si sa), ho collegato le cuffie (uscita PHONES, mica uscita LINE OUT: sembrano uguali ma invece c'è il trucco) e ho buttato il tutto nella borsa. Accomodatomi sul treno, mi sono scoperto a riscoprire gesti antichi, manualità dimenticate, interfacce primitive, nomenclature bizzarre. Aprire la confezione dei CD, estrarne uno facendo attenzione a non graffiarlo (in treno non è mica banale), aprire il coperchio del lettore, inserire il CD esercitando una pressione decisa ma non eccessiva al centro, richiudere il coperchio, e finalmente premere PLAY. Non poter leggere il titolo della canzone che si sta ascoltando né la sua durata, ignorare la carica residua delle pile. Regolare il volume ruotando una rotellina, forse un reostato o forse un potenziometro, non so, di sicuro qualcosa di intuitivo come solo l'analogico sa essere. Agire sul comando magniloquentemente denominato BASS BOOST (e già, perché l'apparecchio è dotato di "DBBS - Dynamic Bass Boost Sound", che vi credevate?). Dover fare attenzione a non sottoporre l'aggeggio a sollecitazioni eccessive e/o prolungate (nonostante il "10-second Anti Shock" sia di serie). Non poterlo mettere in tasca. A metà del viaggio, dover cambiare il CD ripetendo e duplicando la procedura di cui sopra. Ma anche avere tra le mani il supporto su cui è incisa la tua musica, incisa, scolpita, pit e land, mica grumi di elettroni che non sai neanche dove sono. E avere il CD originale, dove "originale" significa ancora qualcosa, non molto, è vero, ma più che niente.
Non sono un nostalgico né un feticista del microsolco, non ho mai comprato un 33 giri né probabilmente mai lo comprerò, ho avuto qualche 45 giri da bambino, poi buttato via come un cretino, ma posso capire chi sostiene che nonostante tutto erano un'altra cosa. Non tornerei indietro, però in effetti qualcosa di buono (nel mucchio) c'era, e non c'è più. E mi sa che quelli della mia generazione sono stati gli ultimi per cui queste cose qua contavano ancora qualcosa, e però mi sa anche che se queste cose qua non contano più, se una canzone non è che una lunga serie immateriale di zeri e di uni che si può copiare infinite volte rimanendo sempre identica a se stessa (ed è così), tutto il sistema com'è stato e com'è non dura ancora per molto, ma su questo sono stati e saranno scritti terabyte di zeri e di uni, e quindi la chiudo qui. Intanto non è questo il punto.
Il punto è che tutto ciò, il lettore CD, le pile stilo eccetera, fino a pochi anni fa era normale, anzi, quasi all'avanguardia. Era normale tirar fuori dalla borsa un lettore CD (beh, magari non un Autovox, ma insomma), nessuno ti guardava come un fossile. In fondo mica sono cassette, i CD. In fondo sono zeri e uni anche loro. In fondo il CD è una tecnologia figlia degli anni 70, ma anch'io sono figlio degli anni 70, e non mi ritengo ancora proprio così vecchio. O sì?

sabato 20 febbraio 2010

Din don dan

Non è per voler fare a tutti i costi della sterile polemica, ci mancherebbe. Anzi, forse un pochino sì. Ma non importa. È che prima, verso le 5 (anzi no, rettifico, erano le 5 in punto, sono sicuro), ci pensavo. Ero a fare un giro in centro e parlavo, e parlando con un tono di voce normale cercavo di farmi sentire, e invece a un tratto non ci sono più riuscito, e quindi ho iniziato a pensarci. E la cosa si è protratta un po', e quindi ci ho pensato un po'.
Pensavo: ma se io prendo un mestolo e il coperchio di una pentola e vado in giro per la strada e ogni mezz'ora mi metto a battere col mestolo sul coperchio, bam bam bam, ogni mezz'ora, giorno e notte, con in più, quando mi gira (chessò, dopo una defecata particolarmente soddisfacente), qualche bam bam bam bam bam prolungato fuori programma, qualcuno mi farà pure la multa, giusto? E questo succederebbe anche se invece della pentola usassi il rullante da 13" in mogano di cui si tentava di discorrere oggi alle 5 sotto quel campanile, giusto? Cioè, ci sarà pure una legge che vieta di far casino in luogo pubblico senza che ve ne sia una reale necessità, giusto? E la legge almeno in linea di pricipio dovrebbe essere uguale per tutti, giusto? E questo non solo se lo facessi io misera persona fisica. Anche se costituissi una qualsivoglia società o associazione ai cui aderenti piace ascoltare il casino che produco battendo col mio mestolo sul mio coperchio, ciò non mi darebbe diritto a imporre quotidianamente i miei rumori molesti a chi non li vuol sentire. E pazienza anche se questa cosa andasse avanti impunita da un po' di anni: prima o poi bisognerebbe pure smetterla. Giusto?
Certo, sarebbe giusto. Uno mica può mettersi a far del casino ogni santa mezz'ora, giorno e notte, e talvolta anche tra una mezz'ora e l'altra, per minuti e minuti, così impunemente, giusto?
No, così, per sapere.
(e comunque i soldi per comprarci un orologino di plastica nel 2010 ce li abbiamo tutti, giusto?)

mercoledì 10 febbraio 2010

Un altro post di...

La frase secondo cui per tutti il dolore degli altri è dolore a metà non l'ho certo detta io, e infatti, a differenza di molte delle cose che dico io, è giusta. Nel senso che funziona proprio così. Ma anche nel senso che è anche giusto che funzioni così, cioè che il dolore altrui sia meno dolore del dolore nostro. Forse non è bello da dire, si rischia di passare per egoisti, ma così va il mondo: pensate un po' a quanto dolore c'è in giro per il pianeta, e a cosa succederebbe se ognuno sentisse davvero il dolore di chiunque come se fosse il proprio. Nessuno vivrebbe più. Invece, bello o brutto che sia, siamo fatti in modo da dolerci tanto meno del dolore degli altri quanto più costoro sono appunto "altri", cioè lontani da noi. A parità di dolore "oggettivo" (ammesso che il dolore sia oggettivabile), il dolore di un parente è più di quello di un conoscente, che è più di quello di un tizio che sta dall'altra parte del mondo, che è più di quello di un essere di un'altra specie.
Questo è noto.
Ma in questi non molti anni di non molta vita ho notato anche un'altra cosa: ovvero che per tutti la merda degli altri è merda al quadrato. Cioè, la merda fa schifo a chiunque, tutta, questo è ovvio e ha ovvie giustificazioni evoluzionistico-scientifiche. La merda è sporca e nuoce gravemente alla salute, quindi deve fare schifo, in modo che si sia portati istintivamente a disfarsene allontanandola il più possibile. Chiaro. Ma la nostra merda, quella che abbiamo prodotto noi, ci fa meno schifo di quella espulsa da corpi altri da noi. Oggettivamente, pulire merda non piace a nessuno, ma pulire quella altrui piace assai meno. E c'è di più. La merda altrui non conosce distanze. La merda del vicino non solo non è sempre più marrone, ma ci fa schifo tanto quanto la merda del sindaco, del presidente degli Stati Uniti o di un cinese qualunque. Addirittura, una merda di cavallo può far meno schifo di una umana, sotto certe condizioni. E tutto questo, ancora una volta, ha probabilmente un senso, perché la merda è sempre merda, poco da fare. La merda, per qualche strano motivo, è sempre marrone. Ma questa singolare coincidenza, voi che siete assidui lettori del blog, la avete già notata grazie a questo illuminante post, per cui non mi ripeto e la chiudo qui. Non prima di aver tirato lo sciacquone.

giovedì 4 febbraio 2010

Dell'arte del tic e dell'arte del tac

Uno che compra una macchina la compra, ovvero compra proprio quel modello di macchina e non un altro, per tutta una serie di motivi. La può comprare perché gli piace la linea, perché cammina forte, perché è comoda, perché è compatta, perché consuma poco, perché è sicura, perché c'è tanto spazio per i bagagli, o cose del genere. E uno che progetta una macchina tipicamente la progetta per farla vendere, e quindi perché piaccia. E quindi la farà bella o veloce o morbida o corta o parca o robusta o spaziosa o roba del genere. E sono convinto che una macchina sia una delle cose più difficili da progettare, tanti sono i requisiti da soddisfare e i vincoli da rispettare. E in una macchina ci sono un sacco di pezzi, non tutti sono visibili, non tutti sono in grado di determinare la scelta di quel tale modello piuttosto che dell'altro, ma tutti concorrono, nel loro piccolo, a fare una macchina fatta bene. E quindi le Case automobilistiche devono pensare a tutti quei pezzi, nessuno escluso. Certo, all'interno dell'azienda ogni componente sarà pesato in base alla sua importanza, ma ci vogliono tutti. E ci vuole qualcuno, qualche risorsa umana, che si occupi di ognuno. Collocato all'opportuno livello dell'organigramma aziendale, a seconda. Chi disegna la carrozzeria o progetta il motore sarà senz'altro onorato e ricompensato adeguatamente, ma da solo non basta. Presso ogni produttore di automobili che si rispetti ci dev'essere anche, ricavato in un sottoscala buio e polveroso, snobbato da dirigenti e quadri, lontano da cessi e macchinette del caffè, quotidianamente evitato con perfida indifferenza dalla frettolosa impresa di pulizie, un ufficetto con una scrivania anni '70, con sopra un 486 DX2-66 e dietro una sedia di finta pelle beige, seduto sulla quale un geniale impiegato specializzato sottopagato, quasi un artista, passa le giornate a progettare l'aggeggino che produce il rumore delle frecce. Ovvero il tic tac (o nelle macchine più evolute il bip bop) che si sente quando si mette la freccia. Che sembra una cazzata, ma pensateci un po'. Quel rumore lì dev'essere studiato in modo da farsi notare in tutte le condizioni ambientali, anche con l'autoradio acceso o i finestrini aperti, senza però risultare eccessivamente fastidioso. Ci dev'essere un rumore a una certa frequenza per l'accensione della lampadina (tic) e uno a frequenza diversa per lo spegnimento (tac). Il rumore corrispondente all'accensione deve dare, appunto, un'idea di accensione, di chiusura del circuito elettrico, di elettroni che iniziano a fluire allegramente verso il polo positivo, al contrario di quello corrispondente allo spegnimento. In altre parole, deve essere proprio tic tac, guai a farlo tac tic. E quindi l'impiegato di cui sopra deve mettersi lì, 8 ore al giorno salvo straordinari non retribuiti, a inventare e testare rumori sempre migliori per le frecce, con la consapevolezza che comunque nessuno comprerà mai quella macchina perché ammaliato dal rumore netto e melodioso che si produce attivando gli indicatori di direzione. Salvo eccezioni.

venerdì 29 gennaio 2010

Fazius 2.0 o quasi

No, non è tornato Fazius. Magari. Fazius era Fazius. Come certamente voi affezionati lettori saprete a menadito,  Fazius era un mio ex collega, degno protagonista di svariati post dei tempi che furono, in alcuni dei quali magnificavo la munificenza che egli manifestava donandomi gratuitamente leccornie di varia natura che prelevava in mensa ma che per qualche ignota e irrilevante ragione non consumava. Quello era Fazius. Un signore. Un signore della Magna Grecia, terra di storia e di cultura. Questo no, questo è un anonimo selezionatore di soluzioni, originario della provincia pisana profonda, dai modi talora discutibili, come oggi, per esempio. Oggi costui ha avuto l'insolenza di farmi notare che lui non l'ho mai ringraziato pubblicamente a mezzo post. Che è vero, in effetti. Avrei dovuto (dovrei) ringraziarlo perché per un certo numero di volte, tra cui oggi, profondendo sorrisi e occhiolini e mezze battute e chissà quali promesse alle generose addette alla ristorazione, è riuscito a ottenere una razione doppia di contorno, o di frutta, e siccome è uno che dice di stare attento alla linea (a non oltrepassarla quando arriva il treno, a occhio) me ne ha offerta una. Che è anche vero, intendiamoci. Tipo, oggi a causa sua ("grazie a lui" mi pare onestamente eccessivo) ho trangugiato due abbondanti porzioni di cavolfiore bollito, pari per l'esattezza a tantissimo cavolfiore bollito, con effetti su cui, con permesso, sorvolerei. Però è innegabile che se non c'era lui ne mangiavo solo una, e che la verdura fa bene eccetera eccetera, e quindi a quest'ora nonostante la villana richiesta esplicita di un post di ringraziamento (ohibò) quel post se lo sarebbe quasi meritato. E quindi gliel'ho scritto. Però c'è poco da fare, non ci sono più i Fazius di una volta. Eh no.

giovedì 28 gennaio 2010

Di quale partito sei?


Mo me spiego. Non sono troppo intelligente da parlare di politica perciò questo post, nonostante il titolo, è un post estremamente frivolo come me.
Prima di scrivere voglio fare una premessa. Gilo ti amerò per sempre se leverai la moderazione ai commenti altrimenti sappi che mi divertirò a scrivere tutte le lettere dell'alfabeto sul tuo prepuzio, con un fil di ferro. :)
Veniamo al post.
Ultimamente tra amiche c'è conflitto perchè ci sono due schieramenti.
Primo partito: partito di quelle single o che vogliono fare le uscite senza gli uomini,perchè se siamo donne e siamo giovani e non ancora mamme possiamo uscire anche senza portarci figli e mariti/fidanzati addietro, possiamo ancora sfondarci d'alcool fino a ramazzare al suolo, possiamo ancora fare le giovani sculettando sui tavoli in discoteca, possiamo ancora dimostrare la nostra coerenza rimorchiandoci qualche dominicano perchè siamo di destra, è vero, e quindi due colpi al negro glieli diamo.
Secondo partito: partito di quelle che senza l'uomo non escono mai, perchè noi vediamo il nostro lui solo nel week end e un po' di sano cazzo lo dobbiamo pigliare per sanare l'acidità settimanale, perchè pucci bucci, amore tesoro, triccheeballacche almeno una volta al dì glielo dobbiamo dire perchè "esprimerci" ci fa sentire meglio, perchè intimamente soffriamo della sindrome del granchio attaccato ai maroni.

E allora c'è stata una lite tra partito 1 e 2 dove io mi sono tirata fuori perchè, a me, le beghe piacciono ma se sono di altro tipo. :)
E sinceramente i partiti erano particolarmente agguerriti... e allora accetto qualche consiglio (SE QUEL CAZZO DI GILO LEVA LA MODERAZIONE) per consigliare a mia volta io.
Grazie.


sempre love,
MaryLo

martedì 26 gennaio 2010

Oggi mi viene da pensare che prenderselo nel culo fa male


Oggi mi viene da pensare che prenderselo nel culo fa male. Ecco.
Sarà che io so di per certo perchè me l'ha detto la mia ginecologa che non bisogna prenderlo in culo perchè se uno proprio lo deve fare può prenderlo una volta ogni 3 o 4 mesi e che se lo prende troppe volte alla fine il muscolo sfinterico si indebolisce o addirittura si rompe e quando hai una certa età, quando i tuoi muscoli non sono più quelli di quando eri giovane, perdi la cacca. Inoltre, quando lo piazzi nel culo alla fine puoi trovare l'inquilino e perciò, come insegnano i nostri avi, bisogna sempre suonare il campanello prima di iniziare.
Ora immaginatevi una scena.
"Cara vieni, m'è partito l'ormone, ecco..mi chiedevo hai svuotato l'intestino stasera?

WOW Che romanticheria, sarà che io sono una tipa da luci soffuse, candele, fragole e champagne che senza bollicine (almeno mentali) in quei momenti lì proprio non riesco ma sfido chiunque a eccitarsi con la storia dello svuotamento di intestino.

Si è capito? io sono contro il sesso anale, al solo pensiero sento l'ano frizzare!

C'è chi mi stressa (il mio amico del cuore GionniJr) e mi dice che bisogna difendere la soddisfazione del cosìddetto punto L ovvero dell'orgasmo anale ma, non so come mai :)), io voglio morire senza sapere di che si tratta!!!


Ebbene figlioli mi riviene da pensare che prenderselo nel culo fa male.




Sempre love,
MaryLo



p.s. Gilo, da quando scrivo io i tuoi lettori ti hanno abbandonato. SCUSAMI!!!!!!!