E' Natale
Auguri.
Non c'è che dire, al mondo ci sono degli artisti. Artisti veri, spesso misconosciuti, che operano nell'anonimato per rendere più attraenti le nostre città e, in ultima analisi, migliori le nostre vite. Questo post vuole essere anche un minuscolo riconoscimento per tutti loro, e per una categoria in particolare: quelli che progettano le insegne delle farmacie.
Non si fa pipì nel lavandino. Lo sanno tutti. Non sta bene. Si fa nel water, è noto, al massimo ne andrà fuori un po', pazienza, ma nel lavandino no. Non si discute. No. Punto.
Però, dico io, cari amici produttori di lavandini, perché li fate proprio di quell'altezza lì? Basterebbe alzare il bordo di 10 o 15 centimetri per non indurre noi utenti in tentazione. E invece no: li fate alti il giusto, larghi quel tanto che basta a scongiurare rischi di esondazioni, praticamente perfetti. Certo, noi utenti siamo educati e ci guardiamo bene dal fare un uso improprio dei vostri prodotti, ma basterebbe tanto poco per evitarci anche il minimo dubbio...
O no?
Avete presente il treno? Ma sì, dai, un treno qualunque. Se no va bene anche una metropolitana, un tram, una corriera, quello che vi pare. Insomma, prendete un mezzo di trasporto terrestre con vari finestrini apribili. Aprite i finestrini. Attendete che il mezzo di trasporto si muova. Ed ecco, dai finestrini entra aria.
Chiaro.
Ora però, prima che la vecchia seduta là in fondo inizi a inveire, pensateci un attimo: entra aria. Da tutti i finestrini. Proprio tutti. Anche dall'ultimo. Non è che da uno entra e da quello dopo esce, no, entra sempre. Entra anche se c'è un solo finestrino aperto. E il treno (o quel che è) in fondo è chiuso, non è mica aperto. E nell'ultima carrozza non c'è mica un serbatoio grande grande dove mettere tutta l'aria che si imbarca durante il viaggio. Ma da qualche parte deve pur uscire, tutta quell'aria. E' tanta, mica è una puzzetta e via.
E allora?
Ci dev'essere da qualche parte su ogni treno una specie di buco nero, impercettibile ai nostri sensi, che non rispetta le leggi della fisica classica e da cui l'aria esce anziché entrare. Un antifinestrino, fatto di antimateria. Di antivetro, di antiacciaio, di antilercio e di anti-tutto ciò di cui è fatto un finestrino di un treno.
E' necessario postularne l'esistenza per poter spiegare un fenomeno così comune ma così assurdo come l'ingresso dell'aria da tutti i finestrini contemporaneamente. Se ne potrebbero anche definire alcune caratteristiche, ma questo compito esula ampiamente dalle mie capacità. Posso solo buttar lì qualche spunto di ricerca.
Sarà pericoloso non sporgersi?
Sarà vietato ricevere oggetti?
Ma soprattutto, si laverà con la pelle di antidaino o di antilope?
Ai posteri.
Su taluni treni, per la precisione quelli coi finestrini sigillati, i nostri amici delle Ferrovie dello Stato hanno messo dei martelli rossi, di metallo, così da permettere ai passeggeri di rompere il vetro in caso di emergenza.
E' cosa buona e giusta.
Mi permetterei però di suggerire l'installazione di un ulteriore accessorio che potrebbe portare a un sensibile miglioramento non tanto dei livelli di sicurezza quanto delle condizioni di vita a bordo.Bisognerebbe dotare ogni carrozza di un comunissimo badile, magari posizionato accanto al martello di cui sopra, in modo da consentire ai passeggeri (sempre solo in caso di necessità, sia chiaro) di prendere a badilate individui come l'insopportabile tipo che mi si è seduto davanti stasera.
C'è del rumore, qua fuori. Qualche minuto fa è arrivato un camion, si è fermato, ha lasciato il motore acceso e poi deve aver acceso anche una specie di pompa, non so, sento rumore di acqua.
Non ne ho voglia di alzarmi e arrivare alla finestra. Da qua vedo solo la luce di un lampeggiante giallo. Chissà, magari sono i pompieri. Magari sta andando a fuoco qualcosa, qua intorno. O qua sotto. Chissà. Chissenefrega. Io vado avanti a aggiornare il blog. Come i veri eroi.
Devo.
Come diceva quello, qui o si fa il blog o
No, pensavo a questa storia della Jennifer Lopez che da qualche tempo si è fatta la sua linea di abbigliamento e l'ha chiamata JLo. C'è anche un sito dove vende questa roba, e quindi qualcuno la compra pure. Dice:
JLo by Jennifer Lopez is a lifestyle brand that incorporates every aspect of JLo's life. JLo's tops, jeans, pants, footwear, swimwear, lingerie and fragrances represent not only the women of the Latin community but women in the hip hop and pop world as well. JLo continues to set new standards in women's fashion and lifestyles!
No, pensavo che potrei fare una cosa del genere anch'io. Una mia linea di abbigliamento, intendo. Naturalmente la chiamerei GLo. Ne ho tutto il diritto. Vorrei vedere che qualcuno mi venisse a dire qualcosa.
Vi terrò informati.
Volevo scrivere un post alle 11:11 dell'11/11, così, per onorare le 11:11 dell'11/11, ma mi è venuto tardi. Ora mi (e vi) tocca aspettare un altro anno. Accidentaccio.
L'altra mattina vado in stazione e vedo un cartello che comincia così:
Dal 1° novembre viene introdotto un nuovo criterio, più coerente, per le tariffe...
Arrivato a questo punto credo che chiunque, anche il più sprovveduto viaggiatore, abbia compreso appieno il succo della questione: aumentano i prezzi. E' chiaro, limpido, inequivocabile. Ma allora, dico io, perché andare oltre? Si potrebbe tranquillamente fermarsi a "tariffe". La parte di cartello restante è del tutto inutile, e costituisce uno spreco di carta e inchiostro, che poi non può che ripercuotersi sui prezzi dei biglietti, causando nuovi aumenti, e così via. Bisogna porre fine a questi sperperi, perbacco.
Stanotte è tornata l'ora solare. Non è la prima volta, succede ogni anno da un po' di anni, e probabilmente succederà ancora. Ogni volta che cambia l'ora, i telegiornali dedicano all'evento il loro bel servizio. Parlano degli effetti positivi e negativi della questione, intervistano l'Esperto, eccetera. Non dev'essere facile trovare qualcosa di diverso da dire ogni volta. Eppure, stranamente, non ho mai sentito nessuno che parlasse del vero, principale problema dell'ora legale: L'ora legale limita la nostra libertà di parola.
Certo.
Per ben due giorni all'anno non si può rispondere "L'ora di ieri a quest'ora" a chi ci chiede che ore sono.
Non sembra, ma due giorni all'anno sono quasi lo 0,55% del nostro tempo. Si sono fatte rivoluzioni per molto meno. Pensiamoci.
Prosegue la serie dei post inviati da voi lettori.
Guardate che roba siete riusciti a produrre stavolta, e continuate così! (se vi pare)
Sopra la mala progettazione
Le matite, per esempio. Oggi ne hanno inventate di bellissime, quelle con la punta che esce cliccando un pulsantino o la gomma che si allunga ruotando il tappo. Una volta non era così, c'erano quelle di legno con le righe gialle e nere, da temperare spesso.
Indubbiamente la tecnologia ci ha fatto un bel regalo. Anzitutto perchè ci evita di comprare assieme alla matita anche un temperamatite, ma soprattutto perchè pone finalmente fine a uno spreco tanto evidente quanto taciuto: l'inutilizzo della parte finale. Voglio dire, finchè la matita è lunga la si tempera facilmente, e non ci sono nemmeno problemi a impugnarla. Ma quando diventa corta, chi è più capace di usarla senza ricorrere a improbabili contorsioni delle dita? Non è mica facile. E allora che si fa? Alcuni preferivano, data l'ultima temperata, usare il mozzicone fino all'ultimo, finchè la punta da acuminata si riduceva a un piatto che produceva un tratto assolutamente illeggibile. Altri (i più) erano costretti a buttarla via.
Ma mi dico io: possibile che nessuno ci abbia mai pensato? In fondo non ci voleva tanto: bastava fare una parte finale con il solo legno. Le case produttrici ci avrebbero risparmiato sulla grafite, e pure i consumatori avrebbero cestinato la cariatide con un po' più di leggerezza. Eppure non l'hanno fatto. Perchè?
Dice che l'acqua è poca, che tra un po' non ce n'è più, che non bisogna sprecarla, eccetera. E sarà senz'altro così, intendiamoci.
Però non mi è chiara una cosa.
Il gas si estrae, si brucia, e dopo non c'è più. Dopo c'è anidride carbonica, acqua, calore, e forse qualche altra schifezza. Bene. Ma l'acqua no, l'acqua rimane. Cioè, ad esempio, a Sarzana l'acquedotto la prende dal fiume in un certo punto e il depuratore la ributta nel fiume un po' più a valle. Certo, se la si inquina è un altro conto. Ma se si lascia semplicemente aperto il rubinetto, a parte sprecare l'energia che ci vuole per pomparla e depurarla eccetera, che male si fa?
Poi, come sempre, sarò io che sono ignorante...
Carissimi visitatori di questo eccelso blog, ho una domanda da porvi.
Essendo persone dotate di una certa cultura, avrete certamente presenti le voci riguardanti una fantomatica sostanza che, disciolta nell'acqua della piscina, reagendo con l'urina si colorerebbe di rosso in modo da segnalare eventuali comportamenti scorretti da parte di qualche utente.
Orbene (e dico orbene), qualcuno di voi può in tutta onestà affermare di aver sperimentato direttamente tale fenomeno? Sia da protagonista che da spettatore, intendo. Qualcuno può testimoniare di aver visto coi propri occhi (i cugini degli amici dei fratelli non valgono!) l'acqua di una piscina arrossarsi? Qualcuno conosce il nome della sostanza in questione e magari la reazione chimica che avviene? O si tratta banalmente di una delle mille e mille leggende metropolitane che circolano inesorabili nella società contemporanea?
In quest'ultimo caso potrei anche iscrivermi in piscina.
Volevo scrivere un post su questa notizia apparsa oggi su Repubblica.it :
Germania, Armin Meiwes nel 2001 aveva ucciso e divorato un uomo conosciuto in reteMa cosa si può aggiungere a una notizia del genere? In pratica
Condannato a soli 8 anni e mezzo di carcere perché la vittima era consenziente
Intervista shock al cannibale di Rotenburg
"La carne umana è buona e sa di maiale"
Nessun rimorso: "E' una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me"
Il presente post ne inaugura una serie contenente scritti mandatimi da fedeli lettori di questo blog che (comprensibilmente) anelano a veder pubblicata una loro opera su queste pagine.
Ecco la prima:
Sempre nel caso in cui ve lo siate perso:
Ieri sera un illuminante servizio di Striscia la notizia parlava di un problema con le nuove divise della polizia. In pratica hanno ordinato qualche migliaio di paia di scarpe da donna, ma poi si sono accorti che erano tutte troppo strette. Erano tutte due numeri in meno di quello che avrebbero dovuto. Quelle con scritto 39 in realtà erano del 37, quelle con scritto 40 erano del 38, eccetera. Hanno anche preso una tipa, le hanno fatto provare una scarpa del suo numero, e oggettivamente non le entrava. Di conseguenza, dicevano, quelle scarpe andavano tutte buttate via. Un bello spreco di denaro pubblico.
Complice una zanzara tigre siberiana, ci ho riflettuto sopra tutta la notte. Non è possibile che non abbiano pensato di dare a chi porta il 37 le scarpe con scritto 39, a chi porta il 38 quelle con scritto 40 e così via. No, non è possibile. E' così semplice. Ci arrivo persino io. Certo, se ne butterebbe qualcuna, ma mica tutte. Che diamine, sono poliziotti, mica carabinieri.
E poi parlano di fiducia nelle forze dell'ordine.
A leggere i giornali, a guardare la televisione, a sentire la radio, e soprattutto a girare per Internet sembra così facile. Tutti che parlano, tutti che tutti i giorni trovano qualcosa di cui parlare e non si lasciano mai sfuggire l'occasione per farlo, tutti che hanno qualcosa di interessante da far sapere al mondo, tutti che sfornano commenti sagaci agli avvenimenti più recenti, tutti che passano da una mirabolante avventura all'altra e ne mettono al corrente l'umanità intera, tutti che producono esaltanti componimenti in prosa o in rima oppure opere grafiche o fotografiche intrise d'Arte...
Uno dice: Che ci vuole? Mi faccio un blog e faccio sentire anch'io la mia voce al mondo. E lo fa.
E invece non è mica così facile. Capita di non aver niente da dire, certi giorni. E visto che si ha la fortuna di non essere obbligati a scrivere per contratto (ma come faranno quelli?), per un po' non si posta. Ma non è neanche giusto abbandonare i propri affezionati lettori abituali a loro stessi per troppo tempo. E allora talvolta si scrive un post inutile, uno che fa solo volume, che serve solo a dire sono ancora vivo.
Un post come questo.
Essendo un amante del rischio, oggi in mensa ho preso le seppioline. In genere sono gommose, dure, insipide. Oggi no. Cioè, un po' meno del solito. Non erano saporitissime, ma si riuscivano a masticare. Non capivo il perché. Poi ho guardato meglio. C'era una riga bianca in una delle scanalature. Erano quelle a mescola morbida.
C'è una pubblicità di una certa marca di automobili che dice: Immaginate tutto quello che [quella marca] può fare per voi. Io ci ho provato, mi sono impegnato, ho usato tutta la mia fervida immaginazione, ma l'unica cosa che sono riuscito a immaginare che quella marca possa fare per me è la seguente: Una macchina.
Avete qualche idea migliore, voi?
Stavolta treno normale, carrozza da medie distanze a vestiboli d'estremità (ammesso che si chiamino così) neanche particolarmente pulita, cesso statico vecchio stile. Ma che controlloressa! Mi sarei fatto fare anche la multa, da quella controlloressa lì. E non solo.
Gente, prendete il Vivalto. Subito. Non importa dove va, non importa che non ci dovete andare: dovete prenderlo, e presto, prima che i soliti imbecilli lo devastino.
Ci sono le prese di corrente e i tavolini ripiegabili e ben 6 telecamere in ogni carrozza (ma chi li guarderà mai tutti quei noiosissimi filmini?).
Ci sono le due porte tra una carrozza e l'altra che si aprono automaticamente insieme, e in effetti se uno ne apre una tipicamente deve aprire anche l'altra, bastava pensarci.
Ci sono i monitor che dicono la velocità, la temperatura esterna e interna, la prossima fermata e anche i minuti di ritardo, come se fossero un problema, come se una volta a bordo del Vivalto non si desiderasse restarci più tempo possibile.
E soprattutto: non importa se non vi scappa, dovete assolutamente provare il bagno del Vivalto. Quel cesso conico metallico con sciacquone in due fasi e ciambella rotante autolavante non ve lo potete perdere. Scommetto che starete chiusi lì buona parte del viaggio azionando continuamente lo sciacquone solo per vederla girare, e vorrete tutti un cesso così anche nei vostri antiquati bagni.
E tutto ciò compreso nei pochi spiccioli che costa il biglietto di un treno regionale.
Stupefacente.
Ah, per la cronaca, sabato ho viaggiato per la prima volta su un Vivalto: si era capito?
Tutta colpa della pubblicità*. Uno se ne starebbe lì tranquillo, e invece quella arriva e fa danni.
Ad esempio, l'altra sera ero a vedere Bonolis, bello tranquillo, senza pensieri, in pace con me stesso e col mondo; poi è arrivata la pubblicità, ho cambiato canale, ho visto Ballarò e ho cominciato a inquietarmi. Ieri sera lo stesso, ero a vedere le candid camera, me la ridevo tranquillo e beato; poi è arrivata la pubblicità, ho cambiato canale, c'era Santoro, e ho continuato a inquietarmi. E mi son fatto delle domande, ho saputo una minima parte di quello che succede intorno a me, mi sono preoccupato... Per quel poco che posso ho pensato, ho riflettuto. Ma io non voglio pensare, caspita.
Non va mica bene, 'sta storia. Accidenti alla pubblicità*.
Il profumo di pulito.
Che caspita è il profumo di pulito?
Un ossimoro, direbbe chi ne sa. O qualcosa del genere.
Ma a parte le definizioni, il pulito non profuma, non puzza, non sa di niente. E' pulito!
Se si rovescia una boccia di profumo su una cosa pulita, quella profuma ma si sporca (di profumo). Se poi la si lava, viene pulita ma smette di profumare. Non mi pare un concetto particolarmente complesso.
Eppure.
Il profumo di pulito.
Mah.
Scambio di battute appena avvenuto tra me e Fazius di fronte a un bicchierino di fragrante caffè della macchinetta:
Lui: - Hai visto Miss Italia ieri?
Io: - No, chi ha vinto?
Lui: - Una.
Mi ero ripromesso di non parlare più di Fazius per un po', ma ditemi voi come si fa.
C'è un mio collega che non si fa vedere in ufficio da qualche giorno. L'ultima volta che l'abbiamo visto parlava dei suoi problemi con la moto. Diceva che il tubetto che esce dal serbatoio aveva un buchettino da cui colava un po' di benzina, ma era tranquillo perché sapeva che la benzina si incendia solo a 160° e che la parte esterna del motore non raggiunge temperature così alte.
Probabilmente le riparazioni stanno richiedendo più tempo del previsto: non vedo altri motivi plausibili per la sua assenza.
O forse uno sì.
Avete presente le pubblicità (in genere di vestiti o di gioielli) con la foto della tipa e vicino, scritto piccolo, il nome della tipa stessa? Non so, sarò io che sono strano, ma mi fanno un po' tristezza.
Voglio dire, in genere la tipa ritratta è un gran bell'esemplare di tipa, e su questo non c'è dubbio. Avercene.
Ma il nome.
Ci sono un sacco di pubblicità con foto di tipe anonime, magari splendide ma anonime. E va benissimo.
Ce ne sono altre con la firma di tipe (o tipi) mediamente famose che ci mettono la firma come per garantire le presunte qualità del prodotto pubblicizzato. Posso capire anche questo.
Poi ce ne sono altre con tipe (o tipi) talmente famose che scrivere il nome sarebbe pleonastico.
Sarebbe come scrivere sulla bandiera con la foto del Che, in un angolo, piccolo piccolo e di traverso, Ernesto Rafael Guevara De la Serna. Brutto e inutile.
Scrivere in un angolo il nome della tipa in fotografia vuol dire ammettere che non è abbastanza famosa da essere riconosciuta a occhio, e d'altra parte che le dispiace, perché la vorrebbe essere. Vorrebbe, un giorno, poter essere riconosciuta senza bisogno del nome.
Mi fa un po' tristezza.
Poi, sarò io che sono strano.
Messaggio di un lettore (che si firma Carlo Benito) pubblicato su E Polis Milano di oggi:
Questo Governo mi ricorda quel lettore de "L'arte dell'onanismo negli Ottomani". Come si starà rivoltando nella tomba il mio caro bisnonno. Maschio e Italiano vero!Beh, non c'è che dire, intorno a noi ci sono dei Letterati (oltre che Maschi e Italiani) veri. Mi rendo conto di essere ignorante. Però questo signor Carlo Benito mi ha incuriosito. Ora vado in biblioteca e chiedo quel libro lì. Poi casomai ve lo racconto.
Ammesso che in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra l'occasione e l'opera-oggetto bisogna esprimere l'oggetto e tacere l'occasione-spinta.Lo dice Montale, mica il primo scemo che passa.
Naturalmente si parla di Fazius.
Dunque: venerdì sera Fazius, contrariamente al solito, scende in Duomo sostenendo di avere appuntamento lì con la sorella. Sì sì, la sorella. Da Fazius uno potrebbe aspettarsi una scusa un po' meno banale, ma per ora facciamo finta di credergli.
Domenica eravamo d'accordo con Fazius di andare a mangiare da un tale, a Arcore (no, non quel tale che abita a Arcore, un altro). Io avrei dovuto portare il dolce, quindi, per confermare la mia meritata fama di gran signore, già sabato mattina provvedo ad acquistare il dolce più lussuoso di tutto il mio supermercato di fiducia.
Alle 23.58 di sabato sera arriva un messaggio da Fazius in cui si dice che quel tale di Arcore ha la febbre, e che quindi non se ne fa niente. Notare che il Fazius non si prende neanche la responsabilità del misfatto, ma ne incolpa il tale di Arcore.
Stamattina Fazius non si è ancora visto.
Ora: se non si trattasse di Fazius, cosa gli fareste voi a uno così?
Dal Corriere di oggi:
Il kilogrammo ufficiale (unica tra le unità di misura definita in relazione a un manufatto e non a una proprietà fisica), custodito a Parigi al Bureau International des Poids et Mesures di Sèvres, non è più quello di una volta e pesa 50 microgrammi in meno.Ora, a parte che io che credevo di pesare 70 chili risulto automaticamente ingrassato di 3500 microgrammi, così, dall'oggi al domani, e già la cosa non mi fa piacere. Almeno si fosse accorciato anche il metro, giusto per compensare il maggior peso con una maggiore altezza (ciò che procurerebbe vantaggi anche in altre direzioni), ma non si hanno notizie a riguardo.
Lunedì purtroppo ho dovuto prendere un giorno di ferie.
Ma poi:
Martedì era il compleanno di una collega, che ha gentilmente portato pasticcini, limoncino artigianale e spumantino.
Mercoledì un'altra collega che sta per sposarsi ha portato anche lei paste, torte e beveraggi in quantità.
Ieri un collega anche lui prossimo al matrimonio (con un'altra, a quanto ne so: ma non è un'informazione rilevante) l'ha degnamente imitata.
Oggi se non arriva almeno una crostatina riciclata da Fazius mi licenzio.
Forse.
Ci sono varie domande che mi perseguitano. Una era la seguente: Ma i giri della lavatrice sono casuali?
Spiego: la lavatrice, durante il lavaggio, fa un po' di giri in un senso, poi un po' di giri nell'altro, poi un po' in uno, poi un po' nell'altro, poi... Insomma, forse avete capito. Il numero di giri, però, è sempre diverso di volta in volta. Cioè, il cestello fa, tipo, 3 giri in senso orario, poi 2 in senso antiorario, poi 4 in senso orario, poi... Insomma, ora avete capito di sicuro.
Ora quello che mi chiedevo è: c'è un generatore di numeri casuali che determina ogni volta quanti giri fa la lavatrice in un dato verso oppure tutta la sequenza è stata predeterminata da qualche esimio studioso sulla base di intricatissimi calcoli e modelli matematici che tengono in considerazione efficacia del lavaggio, tempo necessario, energia spesa, consumo d'acqua e quant'altro?
Per tentare di dare una risposta a questo interrogativo, l'ultima volta che ho fatto la lavatrice mi sono seduto sul water (è proprio lì di fronte, e almeno unisco l'utile al dilettevole) con un taccuino, e ho iniziato a segnare il numero di giri fatti di volta in volta nei due sensi.
Solo che dopo un po' sono rimasto ipnotizzato da quel continuo moto rotatorio armonico alternato e non sono più stato in grado di continuare.
Per caso qualcuno di voi ha già concluso l'esperimento con successo? Altrimenti la prossima volta riprovo.
E' da qualche giorno che non posto, come vedete.
Sapete com'è, non è che uno possa sempre aver voglia (e tempo) di scrivere post abbastanza brillanti e profondi da non sfigurare nel confronto con quelli inviati in precedenza. Uno può anche aver da pensare ai fatti suoi, ogni tanto. Qualcuno potrebbe approfittare del blog stesso per parlare dei fatti suoi: io no. Un po' perché non li ritengo così interessanti, e un po' perché sono, appunto, fatti miei.
Comunque, grazie a tutti coloro che hanno continuato a visitare questo blog nella speranza di trovare qualche nuova perla di saggezza e in particolare a chi mi ha scritto, tra l'altro, le seguenti:
Non so, magari è solo un principio di ipocondria latente, sta di fatto che Fazius ha appena preso una confezione di tarallini pugliesi alla macchinetta, e me ne ha offerti ben 3, e non ho potuto rifiutarli. Vorrete mica che Fazius si offenda.
In effetti, per essere pugliesi sono pugliesi, dice che li fanno in via S. Donato a Conversano, ma nonostante ciò (si noti che non ho detto "a causa di ciò": non vorrei mica passare per razzista, giammai) mi convincono poco. Sarà che conosco le (dis)avventure occorse di recente all'apparato digerente di Fazius?
Tra parentesi, 'sti tarallini li producono a Conversano e li distribuiscono a Vedano [al Lambro]. Mi piace pensare che siano entrambi verbi non per caso.
Quest'oggi Fazius, l'intestino dilaniato da cruente lotte intestine (per l'appunto), dopo un lauto pranzo ha assunto una [cito] Bustina da 0,800 g contenente 10 miliardi di Lactobacillus acidophilus. Senza addentrarci nelle cause dei disturbi del povero Fazius e men che meno nelle loro marroni conseguenze, consideriamo alcune tra le molte considerazioni possibili.
Intanto, ovviamente, i 10 miliardi. Cifra bella tonda, ma ben difficilmente verificabile. Almeno scriverci un "circa", un "grosso modo", un "su per giù". No, 10000000000, tondi. Fanno 5164569 euro, per la cronaca. Già che c'erano potevano mettercene (o scrivere di avercene messi) qualche milione in più, o in meno. Ma volete mettere l'effetto?
Che poi, anche ammettendo che ce ne sia qualcuno di più o qualcuno di meno, sono tanti. E sono esserini vivi, a modo loro. Che vivono tutta la vita (anni!) chiusi in una bustina, piccola, buia, triste, con la non esaltante prospettiva di morire disciolti dai succhi gastrici di Fazius. Almeno quelli che stanno nello yogurt se la godono, mangiano un po' di aroma di banana (o di fragola, o quello che è), o per lo meno sognano di essere ingoiati dalla Marcuzzi come quelli della pubblicità. Ma quelli della bustina vivono una vita ben triste.
Bisogna fare qualcosa. Mobilitarsi. Altro che i panda, le galline ovaiole o i nani da giardino. Bisogna salvare i lactobacilli acidophili dalla bustina, e dallo stomaco di Fazius. Non c'è più tempo da perdere.
Da City di oggi:
Si calcola inoltre che negli uffici il 60% dei pc restino perennemente accesi o in stand by; e ognuno disperde sotto forma di calore il 50% dell'energia che consuma.
Stamani ho fatto l'abbonamento all'autobus e la tipa mi ha chiesto se ero studente.
Volevo quasi lasciarle la mancia. Ma poi ho pensato che un ringraziamento su questo blog la avrebbe resa senz'altro più felice. E quindi: grazie, signora abbonamentaia.
Oggi è il compleanno di Fazius!!!
Su, forza, tutti in coro:
Tanti auguri a te
tanti auguri a te
tanti auguri caro Fazius
tanti auguri a te.
Bravi.
Fino a ieri sera ero a lavorare, naturalmente davanti al computer.
Poi stamattina sono andato a tentare di dare una mano a un/a conoscente che deve scrivere la tesi (al computer).
Poi oggi mi sono messo a fare un po' d'ordine in questo, di computer, a rispondere alla posta, a scrivere questo post inutile e robette del genere.
Poi mi toccherà tentare di mettere una pezza alle devastazioni causate al mio computer dall'opera di papà durante la settimana.
E magari domani chiama anche la zia, che per non smentire la tradizione di famiglia ha devastato un po' il suo, e vorrai mica dirle di no, pov'ra m'nina. Anzi.
Pensavo, è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una tastiera.
[perdonate la citazione]
Tenetevi ben lontani da Sarzana almeno fino a domenica sera: c'è il Festival della mente, rischiereste di imparare qualcosa. E la cultura, come si sa, è pericolosa. Quindi continuate piuttosto a visitare questo blog, che qua non correte alcun rischio.
Poi non dite che non vi avevo avvertito.
Non so, magari non c'entra niente, ma le lasagne al pesto di oggi avevano un retrogusto strano, come se al posto della besciamella avessero usato lo yogurt... Sarà novelle cuisine?
Ieri, avendo effettuato il tragitto Porta Genova - Abbiategrasso, ho finalmente percorso tutte le tratte urbane della metropolitana di Milano. Ora posso ben dirmi un milanese a pieno titolo.
Che fortuna.
Non so se siete mai stati a Grondola. Trattasi di un ridente paesettino sui monti sopra Pontremoli (MS); se non ce l'avete presente vi consiglio di farci un salto. O anche no.
Comunque: a Grondola c'è una Piazza della Repubblica. Ok. Ma c'è anche una targa che dice che quella è stata la prima Piazza della Repubblica d'Italia.
A Grondola.
Ora, secondo me la notizia che c'era la Repubblica a Grondola non è arrivata prima del 1952. Ma allora come hanno fatto a intitolare una piazza alla Repubblica per primi?
Non osando mettere in dubbio l'onestà dei grondoliani, è chiaro che si devono essere messi avanti. Secondo me Piazza della Repubblica l'hanno chiamata così verso il 1937. Avranno detto: Scommettiamo che tra un po' c'è la Repubblica e facciamo una Piazza della Repubblica. Se ci va bene siamo i primi, se no chi volete che se ne accorga quassù?
Gli è andata di lusso.
Dal Corriere di oggi:
«Romano Prodi, nudo o vestito, con la scorta nuda o vestita, visiti una spiaggia naturista. Il premier ci aiuti e metta fine a questa situazione ipocrita che rende il nostro Paese ridicolo»: il comitato ambientalista Ecoblu lancia la provocazione. È la risposta al blitz di due giorni fa degli uomini della Forestale a Sabaudia, Latina. Gli agenti hanno multato 30 nudisti su un tratto di arenile isolato [...].
Forse ve lo siete perso, ma il gondoliere che ieri sera al TG5 ha proposto di risolvere il problema dei piccioni a Venezia sostituendoli con fagiani merita quanto meno una menzione.
Naturalmente, fuori da ogni supermercato c'è un'insegna immensa col nome del supermercato. Ci si meraviglierebbe se non ci fosse. Ma anche fuori da ogni negozietto di periferia c'è un'insegnetta. Ogni luogo dove si presume che qualcuno possa aver bisogno di entrare ha una scritta che lo identifica. Persino i carabinieri arrivano a scrivere "Carabinieri" davanti alla caserma, figuratevi.
Solo nelle stazioni non c'è un cartello che dica "Stazione".
Certo, in genere le stazioni sono fatte a forma di stazione, e si riconoscono. Ma mettiamo che uno arriva da qualche Paese in cui le stazioni magari esistono ma hanno un'altra forma. Quello come fa a sapere che quell'affare lì è proprio una stazione?
In certe stazioni, invece, fuori c'è il nome della stazione. Bella forza. Se uno, per esempio, è a Parma, fuori dalla stazione legge "Parma". Informazione per lo più superflua, giacché egli si trova già a Parma. Per quello che ne sa lui, quell'edificio potrebbe essere il comune di Parma, o il tribunale di Parma, o la casa chiusa di Parma, o qualunque altra cosa.
Eppure basterebbe tanto poco. Se non si ha voglia di contare le stazioni e ordinare un congruo numero di cartelli tutti uguali (spuntando probabilmente un notevole sconto) si potrebbe prendere il primo imbecille che si fa beccare a scarabocchiare un treno e mandarlo, per punizione, a scrivere "Stazzione" con la bomboletta fuori dalle stazioni. Certo, è tanto stupido che lo scriverebbe con due zeta. Ma anzi che niente.
Poteva essere delizioso, saporito, gradevole, piacevole, appetitoso, croccante, eccellente, ghiotto, gustoso, delicato, pregevole, genuino, squisito, stuzzicante, succulento, profumato, fragrante, sano, soave, naturale, puro, allettante, equilibrato, dolce... E invece no: qualcuno ha deciso che il cocco deve essere bello. E basta. Cocco bello, punto. Al massimo fresco, ma ogni tanto e senza convinzione. Il cocco è bello, stop. Eppure secondo me il consumatore potrebbe gradire un’innovazione del prodotto. Non sono un genio del marketing e non ci tengo ad esserlo, ma ho l’impressione che se qualcuno, senza neanche troppa fantasia, andasse in spiaggia a vendere lo stesso identico cocco marcio definendolo "buono" anziché "bello" potrebbe fare i miliardi. Devo mettere a punto i dettagli, poi tra 2 o 3 mesi vado, provo e vi faccio sapere. Basta che non mi fregate l’idea.
Ieri ho fatto 5 partite a briscola.
Poi mi sono accorto che mancavano i re.
In linea di principio, sì, mi stanno più simpatici i treni coi finestrini apribili. Mi sento più in contatto col mondo esterno, non lo vedo solo passare al di là del vetro ma me lo sento in faccia, caldo o freddo o profumato o puzzolente che sia. E di certo la gente da prima classe non è la mia categoria sociale preferita. E quindi viva la seconda classe dei regionali senza finestrini sigillati. In linea di principio.
Però.
Però la gentile signora anziana che in un pomeriggio di metà luglio si siede nell'ultima fila del vagone e appena si raggiungono i 30 km/h scatta a ordinare gentilmente a tutti di sigillare ogni pertugio, quella non mancherà mai. Pare che le fornisca direttamente l'Ansaldo, di serie, una per carrozza.
Però nella carrozza successiva, l'unica sottoposta a restyling di recente, durante l'installazione del condizionatore l'Officina Grandi Riparazioni del caso ha alacremente provveduto a rimuovere la signora di cui sopra. Ottimo. Solo che l'ha sostituita col tipo che si siede in prima fila e decide che lui è un uomo vero e quindi spalanca il finestrino suo e quello a fianco, giusto per non correre rischi (e sì, va bene sentirsi in contatto col mondo e menate varie, ma mica sempre!).
Però, direte voi, quando per qualche congiunzione astrale i due si incontrano, si annullano a vicenda? Macché. Si fondono, dando vita alla micidiale terza categoria, scientificamente definita "Superior stabat lupus". Esiste, ne ho le prove. E' quella della giovane signora che si siede nella fila davanti a te, e sfidando ogni legge della fisica classica e quantistica ti chiede di chiudere il finestrino. A te, che sei dietro; e che, memore del finale della celebre fiaba, non puoi che acconsentire.
La prossima volta chiedo asilo politico al macchinista.
Mi raccomando, gente, fate tutti come il genio che era accanto a me ieri sera: portate il vostro bel cagnolone a vedere i fuochi! Si divertiranno sia lui che i vostri vicini.
In tutto. Tipo, il frigo. Il frigo ha la lampadina. Anche il forno ha la lampadina, ma hanno dovuto metterci anche il vetro, e col vetro fregare è più difficile. Il frigo ha la lampadina ma non ha il vetro. Certo, c'è l'interruttore. Quando uno chiude la porta, quella schiaccia l'interruttore e spegne la lampadina. O almeno, così sembra. Quando la porta è quasi chiusa si vede la lampadina che si spegne. Bello. Rassicurante. Ma chi mi garantisce che in realtà non ci sia qualche altro interruttorino nascosto che, quando la porta è ermeticamente chiusa, riaccende la lampadina?
Questi ci vogliono fregare. E' chiaro. Ma a me non mi fregano, no. Oggi svito la lampadina e ci metto una candela. Poi voglio vedere chi mi frega, a me.
Ho ripreso la bici. Una sommaria spolverata, ruote gonfie, un goccio d'olio che non fa mai male, e via. Niente di eccezionale, un giretto fino a Marina di Carrara, un gran premio della montagna sul cavalcavia dell'autostrada e poi tutta pianura, mica il Ventoux.
Però c'è da pedalare.
Massimo rispetto per chi ha inventato la ruota, certo; ma anche il tizio del motore a combustione interna non è mica uno scemo.
Proprio come se qualcuno me l'avesse chiesto, vi informo che da domani sono a tutti gli effetti in ferie. Ma non illudetevi, questo non significa che ho intenzione di interrompere la produzione di post. Quindi, mi raccomando, continuate a far visita con regolarità a questo splendido blog, che non si sa mai. Magari quando meno ve l'aspettate compare la prima frase intelligente. Chi può saperlo.
Perciò siate vigili.
(che comunque è sempre meglio che carabinieri)
Per ragioni sulle quali non mi soffermerei neppure nel caso si trattasse di fatti vostri, ieri sera ho mangiato due hamburger a forma di testa di Topolino.
Prima notizia: sono qui a raccontarlo. Non era scontato.
Seconda notizia: non sono affatto a forma di testa di Topolino, per lo meno quando cuociono. Ovvero, le orecchie sono loro, ma quella che dovrebbe essere la faccia non è per niente rotonda. E' ovale, e decisamente allungata. Sicché l'insieme, più che una testa, ricorda una certa altra altra parte del corpo, alla quale spesso la testa stessa viene paragonata ma che è unanimemente ritenuta assai meno nobile. E qui secondo me qualche designer di hamburger si è fatto due risate dopo anni passati a progettare frustranti hamburger circolari. Posso capirlo.
Ma a parte questo, perché mai progettare un hamburger a forma di topo? Voglio dire, già il consumatore medio ha qualche dubbio sulla reale provenienza della carne che triturano in quegli aggeggi, ma se glieli fai a forma di Clarabella, o per lo meno di Paperino, magari si tranquillizza. Ma dargli anche la forma di topo vuol proprio dire andarsela a cercare...
Io questi geni del marketing proprio non li capisco. Per fortuna.
Da City di oggi:
Bogotà - Polizia addestra topi anti-esplosivoTutti i miei complimenti ai poliziotti colombiani, ma quanto sarà mai la vita media di un topo colombiano che ha sniffato tritolo per 3 anni? A occhio la prima volta che si alzano sulle zampe posteriori ci rimangono secchi. Ma probabilmente sbaglio io.
Dopo 3 anni di addestramento, la loro precisione è estrema: quando i topi anti-esplosivo della polizia colombiana si alzano sulle zampe posteriori, al 98% sono vicini a dell'esplosivo.
Oggi Fazius, in segno di gratitudine per non averlo abbandonato al suo triste destino durante la pausa pranzo, si è degnato di concedermi un brandello di strudel e un biscottino di seconda mano. Bello sforzo.
In questi giorni a Milano hanno consegnato le Pagine gialle. E appena avutele tra le mani, com'è logico, mi sono messo a leggerle avidamente. Giunto a pagina 345, la mia attenzione è stata catturata da quanto segue:
Duomo Di MilanoOra, che il Duomo avesse un indirizzo me l'aspettavo. C'era anche chi sosteneva che non fosse così, che il Duomo fosse il Duomo e basta, ma mi pareva un privilegio assurdo e insensato. Va bene non pagare una lira di tasse, va bene tutto quanto, ma non avere un indirizzo come tutti no. Anche leggere che il Duomo è in piazza Duomo non è una gran sorpresa.
p. Duomo 18 - (Tav. 26-B3)
02 86 463 456
Nel posto dove lavoro hanno da poco sostituito gli erogatori di pezzi di carta per asciugarsi le mani.
Prima c'era un aggeggio con dentro un rotolo di carta da tirare a mano, e con un meccanismo che tagliava il rotolo in parti man mano che si tirava. Ora invece bisogna avvicinare la mano (avvicinare solo!) a un sensore, attivando così un motorino (a batteria) che fa uscire un pezzo di rotolo. Poi lo si strappa.
C'è qualcosa che non va.
Ieri ho pensato bene di elevare un minimo il mio livello culturale, e così mi sono messo a guardare Superquark. E in effetti si scoprono delle cose notevolissime. Tipo: c'è gente che si danna per stabilire se la famosa eruzione del Vesuvio è avvenuta a settembre o a novembre. Questa gente confronta le lettere di Plinio, guarda se a Pompei i morti avevano la sciarpa, controlla quanto erano secchi i fichi secchi, studia le iscrizioni sulle monete, insomma questi si sbattono da pazzi per anni. E alla fine concludono che, contrariamente alla versione comunemente accettata, il tutto dev'essere successo a novembre.
Ma c'è un'altra domanda a cui neanche loro sono ancora riusciti a dare risposte convincenti, e che probabilmente richiederà studi ben più lunghi e approfonditi. Tale domanda, com'è logico, è la seguente: Ma chi se ne frega?
Le targhette col numero di posti sugli autobus.
Ci sono, sono tra noi, sono su tutti gli autobus, i tram, le metropolitane, gli ascensori (lì poi ci sarebbe da discutere anche del peso, magari un'altra volta), anche qualche treno, probabilmente erano anche sulle carrozze a cavalli, magari persino sulle caravelle. Potrebbe fare eccezione giusto la Mir, ma non si può mai sapere.
Ovunque c'è scritto il numero di posti a sedere e il numero di posti in piedi.
Ora.
Se le mettono tutti un motivo ci sarà. Escludendo connivenze generalizzate con le ditte produttrici, se ne deduce che ci dev'essere qualche legge che le impone. E fin qua nessun problema, leggi strane ce ne sono tante. Ma tutte hanno una ragione, più o meno confessabile.
Ma le targhette col numero di posti a cosa mai dovrebbero servire? Se io utente salgo e leggo che ci sono 196 posti cosa devo fare? Mettiamo che (con qualche difficoltà) conto le zampe, divido per 2, scopro che siamo in 197. Nel frattempo ho timbrato, quindi di scendere non se ne parla. Gettare vecchiette dal finestrino è espressamente proibito. Fare la conta come ai vecchi tempi sarebbe più democratico, ma a questo mondo non tutti accettano la democrazia, e comunque se esce l'autiere potrebbero insorgere complicazioni inattese. E allora? Rimaniamo tutti su, ovvio. In barba alle indicazioni dell'apposita targhetta. Deludendo produttore di targhette e legislatore.
C'è qualcosa che non va.
Ad esempio, le scale mobili.
Ci sono gli scalini e poi c'è il nastro di gomma nero a cui reggersi, tipo corrimano; giusto? Ok. Teoricamente scalini e corrimano dovrebbero viaggiare paralleli. Cioè, se uno sale e mette la mano in una certa posizione rispetto al corpo, quando scende la mano dovrebbe trovarsi nella stessa posizione relativa. Invece, dalla mia modesta esperienza nel settore, ho notato che la mano va sempre più veloce. Voglio dire, quando scendi ti ritrovi sempre col braccio più proteso in avanti rispetto a quando sei salito.
Ora, immagino che la tecnologia necessaria per sincronizzare il nastro con gli scalini non manchi. No, non è questo il problema. Anche perché altrimenti ci sarebbe qualche scala mobile in cui il nastro va troppo piano, e invece (personalmente) non ne ho mai trovate.
D'altra parte, se il nastro andasse più piano degli scalini ci si ritroverebbe con la mano che tira all'indietro, che non è piacevole.
Ne deduco che sia una specie di sistema di sicurezza, tipo che il produttore di scale mobili non voglia rischiare che la gente si ribalti di schiena sulle sue scale mobili e quindi, per risolvere il problema tenendo un certo margine di sicurezza, preferisca far andare il nastro nero un po' più veloce dei gradini.
Ma è solo una mia supposizione. Che è sempre meglio di una supposta ma è pur sempre una supposizione.
Avete spiegazioni migliori o ritenete (erroneamente) di avere questioni ben più importanti a cui pensare?
Lo so che siete tutti ansiosi di conoscere le novità del mio rapporto (non più che confidenziale, intendiamoci) col suddetto, quindi è con dolore che vi informo che:
Oggi Fazius mi ha privato di un'ottima sottospecie di involtino apparentemente ripieno di mele e ricoperto di cioccolato e zucchero a velo.
Ah, questo Fazius...
Ieri sera ho sentito la Marini ripetere che d'estate mette le mutande in freezer. E mi son detto, "se lo fa lei...". E così stamattina ho il pistolino col raffreddore. Il problema è che di quando in quando starnutisce.
Stavo riflettendo su questo post. Siccome so che è dura uscire dal mio splendido blog, ve lo riporto integralmente:
Secondo me non è mica vera quella roba lì della metà della mela, eh? Non è per evitarmi la fatica di una ricerca improba, è proprio che non ci credo. Secondo me non può essere. Mettiamo per esempio. Stai con una che si chiama Adalgisa e che ti piace e che ti fa stare bene perché è paziente e premurosa. Però è un po' troppo possessiva. Con lei da uno a dieci ci stai bene otto.Bello, eh?
O magari sei insieme a Veronica, che è molto bella e molto intelligente, però cambia idea di continuo e questo non lo sopporti; in più delle volte sembra ti consideri poco. Per questa ragione con lei da uno a dieci ci stai bene otto.
Oppure sei insieme ad Anna, che ti piace per quel suo modo d'essere così fantasioso e imprevedibile, per l'innata capacità di saperti prendere per il verso giusto. Però non vanno bene alcune cose in lei, come il suo odio aprioristico per il calcio o il malumore troppo frequente. Da uno a dieci ci stai bene otto.
Insomma, per farla breve (aggiungete tutti i casi che la vostra fantasia o esperienza suggeriscono), per quanto non ne sappia un cazzo di queste cose qui, credo fermamente che persone fra loro molto differenti possano andare bene o male per noi nella medesima misura d'intensità.
... stavolta è per sempre.
Oggi in mensa c'erano i maccheroni ai frutti di mare. E quelli non lasciano testimoni.
... vuol dire che avevano ragione i miei esimi colleghi.
In effetti le lasagne di oggi non avevano un aspetto proprio esaltante.
Bella però 'sta cosa del blog. Uno scrive tutto quello che gli viene in mente, e se non gli viene in mente niente copia e incolla qualcosa da qualche altra parte, schiaccia un bottone e il resto del mondo la legge. Fantastico.
Però.
Però mi rimane il dubbio che sia più la gente che scrive che la gente che legge, e che in generale la differenza tra numero di parole lette e numero di parole scritte nel corso della storia dell'umanità stia cominciando ad assottigliarsi. Certo, se diventasse negativa sarebbe una rivoluzione. E una rivoluzione può sempre servire, in generale. E questa è gratis.
Quindi mi permetto di dare il mio modesto contributo alla causa scrivendo questo inutilissimo post.
Hai fatto bene!, direte voi.
E forse per una volta posso darvi ragione.
E sono cose che non si fanno.
Giusto, ma Fazius chi?, direte.
Beh, lui:
fazius fazia fazium
fazii faziae fazii
fazio faziae fazio
fazium faziam fazium
fazie fazia fazium
fazio fazia fazio
fazii faziae fazia
faziorum faziarum faziorum
faziis faziis faziis
fazios fazias fazia
fazii faziae fazia
faziis faziis faziis